mercoledì 28 dicembre 2011
INUTILE
TU che sei arrivato fino in fondo
allontanati
mettiti lì nell'angolo
lì, nel cono d'ombra
che io non possa vederti
che io dimentichi
di averti fatto entrare
di averti dato chiavi e mappa.
TU che sei arrivato fino in fondo
adesso esci, piano,
così come ti sei avvicinato
quasi sussurrando
canticchiando a bocca chiusa
mille melodie per cuori facili come il mio.
vedi? rendo la conclusione più semplice
tu che sapevi da principio
come sarebbe andata a finire.
TU che sei arrivato fino in fondo
non guardarmi, ti prego,
muoio di vergogna
adesso che so
quello che tu già sapevi
ora che so
che essermi mostrata a te
è stato inutile
quasi come amarti.
OGGETTI SMARRITI
Sentirai il mio nome un giorno, non come grido, ma come parola di carne che non risponde all'appello. E sarà il cucchiaio che cerchi a tavola e non trovi, le chiavi dell'auto scomparse improvvisamente, il calzino che ha smesso di fare coppia, la penna preferita che manca. E ogni oggetto non esisterà più per caso, ma sarà testamento di un'esistenza bandita, di un volto disciolto nelle memorie, di una voce che non canta più. Forse allora, circondato da tutti gli altri oggetti che sembrano riscaldarti la vita (e lo fanno), forse dico, e forse ripeto, brucerà come sigaretta sulla pelle la mancanza degli altri che hai lasciato andare, degli altri che erano me, di quello che eri tu nel mio mentre, di quelli che erano diventati presto noi. Oppure continuerai a sostituire il cucchiaio con un'altra posata, ad usare il mazzo di chiavi di riserva, ad uscire senza calzini. E senza mai chiederti il perché.
giovedì 1 dicembre 2011
VENDESI
Stasera non ti scrivo, stasera; perché sono una ragazza divertente e sempre col sorriso. Stasera no. Ti ho fatto ridere tanto con la mia cadenza leccese che non mi va di giocarmi tutti i punti accumulati in una sola volta. Ho mangiato il brodo ed ho pianto, ma il brodo non cambiava sapore anche se ad un certo punto era tutto mescolato; ho ripensato a quando si fa il bagno in mare l'estate e viene giù la pioggia: tutto si mescola anche lì, e neppure il mare cambia sapore. Prima del brodo ero in bici e pensavo che sarebbe bastato rallentare al semaforo: quanto ci vuole per morire? E se non si muore subito? E se non si muore affatto? Poi sono arrivata a casa ed era caldo, anche se un maglione in più va bene lo stesso (meno si consuma meglio è). Arriverà che scriverò vendesi su tutto: sui libri, sui vestiti, sulle scarpe, sui capelli (come si fa a scrivere sui capelli?). VENDESI, scritto maiuscolo grande carattere arial black così si vede meglio. Poi quando sarò rimasta solo io chiederò a qualcuno di gettarmi cortesemente da qualche parte: sospetto che da sola non ce la farei, sospetto di avere bisogno di aiuto a quel punto. Sospetto che non sarà un problema per nessuno. Poi vedo una cucina, la luce gialla, una cena che va in tavola e persone sedute e tu che mi chiedi se puoi aiutarmi; e io che semplicemente ti dico: "no amore, cosa vuoi che mi serva? Io ho già te."
mercoledì 30 novembre 2011
IO TI VOGLIO
IO TI VOGLIO. Lo ripeto come un mantra in ogni istante della mia giornata: già nel sonno e poi da sveglia ancora calda di coperte. Ne parlo con tutti, a tutti disegno la forma del mio desiderio che altro non è che la tua, che sempre ho sotto gli occhi, profumo di carne nelle narici, succo che disseta le paure. IO TI VOGLIO. Lo spiego a chi può capirmi: lo dico agli aberi agli uccelli ai vermi ai cani per strada, lo racconto mi racconto ti racconto come fossimo favola fatta di un solo nome, che diventa vento pioggia sole e bufera. E se tu smettessi di perdere la vista dietro pagine inutili, se ti abbandonassi al suono, se la ascoltassi questa mia terra che trema e respira e ansima, sentiresti che tutto nel mondo narra di me e del mio desiderio di te.
lunedì 28 novembre 2011
UN GIORNO RICOMINCEREMO TUTTO A COFETE
Non sono di fronte al mare ma il mio sguardo fisso e velato è quello di chi lo vede forse per la prima volta cercando di abbracciarlo a pieni polmoni. Non posso saperlo con certezza proprio io che il mare lo osservo sin da quando ero bambina; non così. E' lo stesso che vedi anche tu, ma sono gli occhi ad essere diversi oggi. Distante non solo chilometri; distanti di distanza infinita e irreale e profondissima da strappo che lacera con furia omicida. Credo di aver immaginato tutto, adesso: non c'è stata nessuna storia, non c'è stato nessun amore, non c'eri neppure tu forse, ma solo una me tutta sorrisi e grilli per la testa che voleva giocare. Ti ho cambiato sedotto arrangiato per diventare la mia canzone, quella che io avrei voluto ascoltare a non finire come i dischi di favole nel giradischi color arancio da bambina. Ed era caldo lì dentro, in quel cuore fatto di suoni e di luci colorate. Caldo di vapori profumati, abbracci senza fine, e baci ininterrotti. Solo il mare immenso capace di mostrarsi in tutte le sue facce indica che tutto il resto passa. E solo lui resta lì, sempre diverso e sempre uguale per chi come me ti vede ancora seduto accanto.
mercoledì 23 novembre 2011
PRIMO PREMIO
Sono una persona molto educata. Sono una persona troppo educata. Non urlo non alzo la voce non litigo non mi lamento: mai. O quasi mai. Se lo faccio di solito è coi parenti. "Con te si va troppo d'accordo. Insomma quasi ci si annoia che vada sempre tutto così liscio: ma com'è che non ti da fastidio niente? Che non ti incazzi mai, che non sbatti tappeti e rompi barattoli. Perché? Non te ne frega niente, ecco!"
E' che non ci sei più abituato più ad avere una persona felice intorno a te. Se ti amo, e ti amo, allora perché?
Devo stare male per movimentarti le giornate? Devo urlare per diventare credibile? E cacciarti via dal letto perché tu sia sicuro che scopo solo con te? Forse ora che mi gocciola il cuore sarà divertente il vedermi colorare qualsiasi cosa di piccoli pois rosso sangue. Puntini poggiati adagiati su marciapiedi, cappellini, tazze da thé, cuscini d'albergo, torte al cioccolato. Creerò un mondo a pallini rossi di superba infelicità, liquido dolore e gelo sgargiante. Così, labbra strette e cuore chiuso sarò finalmente pronta per rendere qualcuno davvero felice. E allora tu saprai che è tutto merito tuo.
lunedì 21 novembre 2011
LACCI DA COMPETIZIONE
Tutto ciò che voi credete impossibile non lo è per me. Mi deridete come si deride una che ha perso il lume della ragione, che non l'ha mai avuto; ma vi sbagliate. Riesco a percepire chiaramente quando il suo pensiero è rivolto verso di me perché d'improvviso mi si apre il sorriso: sento quando fruga gli atomi nella ricerca di una mia qualche visione parola sospiro; e riesco allo stesso modo a sentire quando non sono compresa anzi esclusa cacciata ignorata cancellata a causa del freddo che mi invade le carni. E non scuotete la testa, lo so anche io che non lo conosco. L'altro giorno ero a casa di un amico e ho notato che lui ha uno strano modo di inforcare la forchetta per portare il cibo in bocca; fa tutta una specie di piroetta con la mano per fare arrivare il boccone a destinazione. E tu? Questo ho pensato. Io non lo so come mangi, mai ti vedrò. Questo vuol dire che non ti conosco? Di sicuro, non lo so. E forse non c'è mai stato nulla di reale in tutto questo, come dicono. Sì, non ti conosco affatto, non conosco le tue abitudini, i tuoi orari le tue preferenze di cibo, ma loro possono mai immaginare, potreste mai immaginare, cosa tu hai fatto per me? Ora non conta. Niente conta più. E vorrei per lo stesso motivo possedere un paio di scarpe coi lacci e andarmene in giro sempre lasciandole slegate. Ripeto, nulla importa: il colore dello smalto, l'orario dei treni, i giorni di vacanza. Io non ti conosco. E lo so anche io. Io ti conosco. E lo sai anche tu.
giovedì 17 novembre 2011
L'OTTANIO E' UN COLORE
Voglio una sedia, voglio metterla per strada e restare lì seduta a guardare. Guardo le signorine che passano e trascorro il tempo a chiedermi perché mai una donna dovrebbe indossare collants arancio col leggins corto bluette cappotto marrone scarpa color cuoio. Si capisce che quella è straniera, molto straniera non italiana ma nordica perché va in giro con la magliettina e basta (vero che oggi è caldo). Seduta a guardare. Se mi concentro abbastanza sulle mille forme e sui tanti colori non penso. Concentrati. La gonna troppo corta (mai corta come quella di una che ti si è strusciata addosso una volta). Concentrati! Le signore in giro ancora coi mocassini sfoderati e con le scarpe sportive estive ,che se non lo sapete montano il fondo di gomma chiaro e non scuro (le tue scarpe chiare allacciate). Piumini di tanti colori; quest'anno si usa il verde petrolio, diciamo così, che se lo chiami ottanio ti guardano tutti con una faccia schifata e poco ci manca che ti chiedano se improvvisamente hai cambiato le impostazioni sulla lingua (no la lingua no, questa non me la dovevi fare); con-cen-tra-ti ! Le biciclette, le scolaresche, i ragazzi spensierati: non ho mai portato i tacchi a 13 anni invece adesso tutte le ragazzine ce li hanno. E davanti a me, oltre la strada , la libreria " giunti al punto". Sono io. Ci sono. Sono qui. Arrivata. Costretta.
mercoledì 16 novembre 2011
COSA VUOI DA BABBO NATALE
Se questo dolore potesse chiamarsi per nome si chiamerebbe apocalisse o forse solo oblio; magari marta, vincenzo, barbara; se questo dolore avesse una forma sarebbe un lunghissimo tunnel di cui non si vede la fine, un grande bastoncino per le orecchie che riesce ad arrivare dappertutto. Se fosse odore sarebbe fumo che soffoca, afissia senza pietà o possibilità di redenzione. Ma possibile che per te sia stato così facile maledetto stronzo bastardo? Dimmi, come fai? Dimmi qual è il segreto per girarsi dall'altra parte e dimenticare un intero paesaggio. Ci ho messo un anno per avere la forza e tu meno di due minuti di messaggi scritti su di un telefono del cazzo. E vorrei che bruciassi, torcia ardente, cenere spazzata dal vento, che ti spellassi strato dopo strato consumandoti sotto la luce del sole.
E invece no.
Ti ricomporrei mille volte usando pinze da chirurgo, lente d'ingrandimento da grande filatelico, filo di seta con baco vivo annesso. Decisa come sempre; trottola roteante; matassa imbrogliata.
lunedì 14 novembre 2011
SPAZI PUBBLICITARI
Mi hanno detto che un uomo innamorato cerca di accontentare sempre la sua donna; mi hanno detto che esce a fare shopping con lei! Mi hanno raccontato che è capace di stare seduto ore a chiaccherare coi parenti, che porta la colazione a letto. Raccontano poi che cerca di mangiare entro i confini della tovaglia per non far cadere a terra le briciole; che dice di sì anche quando vorrebbe gridare di no; che un uomo innamorato impara a cucinare e a stirarsi le camicie, perché adesso non è detto che la donna lo faccia. Mi hanno detto che se uno cucina, l'altro lava i piatti, e che, anche se è solo lui a lavorare, lei aspetta la domenica per fare le pulizie di casa. Mi hanno raccontato che un uomo innamorato scalerebbe le montagne (pazienza che qui da me non ce ne sono); che accetta di fare l'autista, di fare la spesa, e di mangiare cibo in scatola. Che è capace di restare sveglio se la sua donna non sta bene, anche se il giorno dopo deve fare una levataccia. Mi hanno detto che è naturale discutere arrabbiarsi dirsi le peggio cose e poi ritornare al punto di partenza. Raccontano che un uomo innamorato resti sempre innamorato della sua donna, che è e sarà sempre la sua donnamogliecompagna, e che non vuol dire niente se fa l'amore con qualcun'altra ogni tanto (si sa che la convivenza porta con sé un po' di noia), che il sesso non conta niente. Raccontano un mucchio di cose oggigiorno per vendere un prodotto; io alla pubblicità non credo più.
giovedì 10 novembre 2011
SE VUOI
Se vuoi sapere come ti amo prova a pensare a come tu ami lei. A come ti manca nel letto, quando allunghi un braccio e lei non c'è; a come vorresti averla accanto quando vedi qualcosa che vuoi condividere; a come ti incazzi per tutte le cose che le vorresti dire e che non puoi perché siete lontani; a quell'egoismo che ti porta a fottertene che lei abbia una vita sua, perché, se fosse per te, la terresti sempre in tasca e la metteresti fuori all'occorenza; ai baci a cui rinunci con fatica. Se vuoi sapere come ti amo pensa ai miei silenzi e non alle mie parole; pensa a quei mai di tutti i messaggi non spediti; alle telefonate mai inviate; a come aspetto che sia tu a dirmi che sei ancora vivo e che stai bene. Se vuoi sapere come ti amo pensa a come cerco di amare anche lei pur di non perdere te; a come ascolto gli aneddoti della vostra meravigliosa vita insieme. Se vuoi sapere come ti amo, se vuoi.
mercoledì 2 novembre 2011
MILLE ANNI
E allora tu, raccontami dell'amore, di quando l'hai vista per la prima volta, di quando l'hai amata con le mani la prima volta. Fammi essere morbosa, fammi sbirciare dal buco della serratura di questo tuo amore. Voglio poterci credere. Voglio poter vedere. Raccontami com'è stato parlare con lei all'inizio, se ricordi il suo vestito o se fu un profumo, il suo modo di ridere, di buttare i capelli all'indietro a colpirti. Se fu amore a prima vista, perché per me sarebbe così. Dimmi. Dimmi. Dimmi. Fammi essere curiosa, fammi infilare le dita nella presa di questo idillio, aprimi quella porta che è ancora sempre chiusa a mandata infinita. Mostrami come ti brillano gli occhi quando parli di lei, come cambia il tono della tua voce quando pronunci il suo nome, che è anche il tuo adesso. Divoro la vostra storia come un romanzo appassionante, come i pop corn durante un film d'azione. E non stupirti, e non essere sorpreso da me, e non pensare che mi stia facendo del male. Ti dico dimmi e raccontami e mostrami perché io ho mille anni e ancora nessun amore.
NON IDONEA
No. E ancora no. Tutto sbagliato Tutto al contrario. Non hai capito niente. Non ho capito niente. Io. Io che pensavo alla frasi costruite come si deve: soggetto predicato e complemento. Non si usa più. E la punteggiatura, poi, morta. Così ha detto. Che alla notizia non ci volevo credere e non ci credo nemmeno ora. I pensieri salgono come rigurgito, nausea per odori irrespirabili. Inutile cercare giustificazioni che lasciano, sì, il tempo che trovano. L'hai detto tu ieri sera e ancora non mi capacito. A quante cose occorre fare l'abitudine, a quante si è costretti a farla. No, l'amore non c'entra; no, il desiderio non c'entra. Siamo grandi adulti vecchi per tutte queste cose da libro "happy end": "non ti ha ritenuta idonea a trascorrere parte della sua vita con te". Tutto qui. Tutto qui?
"Signorina, lei non è idonea, se ne faccia una ragione: se lo puntelli sulla fronte, se lo scolpisca nelle carni, se lo incida nella cornea . lei è NON idonea."
"Professore, ma posso ritentare?"
mercoledì 26 ottobre 2011
UNICA
Unica è la tazza poggiata sul ripiano, la calza stesa ad asciugare sul filo della biancheria. La gatta sul tetto che scotta, la coroncina di fiori tra i capelli di mia nipote nel giorno del matrimonio di mio fratello. E la porta che prende chi esce e non torna più. La volta che ha fatto davvero la neve nella mia città. La volta che ho fatto davvero l'amore. La cucina di mia nonna, la premura di mia madre, l'estate dei miei 19 anni. La vecchietta che in piazza vende il prezzemolo in cambio di pochi spicci; il duomo di notte. La prima bigbubble, la prima banconota guadagnata, la prima favola raccontata dalla bisnonna.
Io no.
sabato 22 ottobre 2011
IL DIVANO SPETTINATO
L'avevo sognata così, la fine della mia vita: io e te su di un divano spettinato, ad aspettare i giorni, con te che pizzichi le corde della tua chitarra. Sempre giovani; sempre vecchi. Lo stesso vestito estate ed inverno per due che non sentono altro se non l'aria che respirano, calda o fredda a seconda del tono delle parole. Eppure me l'ero scordato, di averla immaginata, prima di vedere questa foto. Prima di vederci di nuovo. E ora che ci vedo, io e te sul divano spettinato, di nuovo mi chiedo il come tu lo abbia barattato per uno in ordine. E per un'agenda giornaliera. E per una casa quattro stagioni.
PRENOTAZIONE PER DUE
Cinque notti di veglia sveglia dormendo in un letto a 3 piazze.
Cinque notti in cui tu mi tieni la mano mentre il sonno si arrampica dentro lento e mi spunta dalla bocca gridando vittoria.
Cinque notti in cui tu sussurri dalla tua bocca touch screen ed io ascolto attraverso il mio orecchio a cristalli liquidi.
Cinque notti a far baldoria con tutti i tuoi io ed i miei me stretti stipati pigiati danzanti in un ovunque fatto d'aria fresca.
Cinque notti per dormire da insieme da soli come imperfetti sconosciuti.
Prenotazione per due: il Signor Soloparole e la signora Nientevoce.
mercoledì 19 ottobre 2011
LA LUNA E' TONDA E PESANTE
"La luna è tonda e pesante. Come il mio io." Le scapparono dette ad alta voce queste parole che forse come al solito non significavano niente. Non l'aveva sentita nessuno salire in terrazza: il fratello e il padre giù guardavano la tv e sua madre ancora con la pezza in mano. Iniziava a sentire freddo scalza. Non era la prima volta. D'altronde era per cercare un po' di calore che appena dieci minuti prima aveva disegnato tutti quei micro tagli sulle gambe, precisamente sulla coscia sinistra, dove sarebbero stati al sicuro nascosti sotto a qualsiasi gonna. Lì nel posto segreto. Adesso se li godeva insieme al freddo e poi ancora al caldo di quei disegni bambini che il sangue ondeggiando le tatuava sulla pelle. "La luna è tonda e pesante. Più del mio io."
venerdì 7 ottobre 2011
PARTENZE
Sono una tour operator, sono quella che organizza, fa e disfa finché non sceglie la meta giusta e parte in quarta. Nella valigia centinaia di sorrisi, strette di mano energiche, entusiasmo e voglia di costruire da far invidia; travolgo tutto e non guardo intorno. Io vado. Vado perché ci credo; perché sono lenta nello scegliere e quando finalmente ho deciso, credo sempre sia il "viaggio perfetto". Io ci credo. Sempre. Fino alla fine. Poi quando l'adrenalina dell'eccitazione si acquieta, quando i rumori si abbassano riesco a guardarmi intorno con verità; e oggi col mio soprabito color ciclamino e il solito borsone ho sgranato gli occhi. Nessun rumore, solo quello delle cicale, quel suono fortissimo che si sente nell'estate più torrida; poi quello del vento tra le fronde degli alberi e il miagolio di una gatta innamorata; e d'improvviso, tout à coup mi verrebbe quasi di dire, mi sono sporta fuori da uno dei finestrini accorgendomi che il mio tanto desiderato treno era solo un vagone dismesso parcheggiato su un binario morto. E la paura di scendere non sapendo dove andare è tanta. Il terrore di restare lì anche per un altro minuto, pure. Quasi quasi scendo. Forse le cicale cantano per me.
sabato 1 ottobre 2011
OMBRE
- Non mi hai mai chiesto se ti amo..
- No, non l'ho fatto..
- ...e tu, tu mi ami?
- No. Ti voglio bene, ma non ti amo. E neppure tu mi ami.
- Ma ne sei sicura?....come puoi dirlo con certezza...?
- Riesco a percepire distintamente la tua mano quando si poggia su di me: rimane lì, io ne avverto la presenza, è piacevole, confortante, eccitante quando serve, ma resta sempre la tua mano. Sento le labbra quando le poggi sulle mie: sono calde, bagnate a volta, sempre morbide, sempre e solo tue.
- E per questo credi di non amarmi? Anzi, ne sei sicura...?
- Ho amato una volta. Lui non era diverso da me. Non era altro da me. La sua mano affondava nella gamba come un coltello caldo in un panetto di burro; il suo abbraccio mi circondava come la pelle di un animale coprendo ogni centimetro di pelle. Ero cava per lui, per proteggerlo dalle brutture del mondo e dalle intemperie se fosse servito; e ogni punto del mio corpo si cambiava in buco per accoglierlo. Per accogliermi. Amarmi. Soddisfarmi.
- ...perciò tu non mi ami...
- No.
sabato 24 settembre 2011
Cosa resta di tutte le parole dette ancora non lo so. Di questo tanto tempo trascorso insieme su questo mezzo che non è reale. Dei tuoi racconti, dei miei, della tua voce, della risata, dei toni che ho imparato a riconoscere. Restano ombre, sussurri, speranze. Resta un "uno + uno" che non diventa "due". Un altrove piuttosto che un qui. Fiato senza carne. Niente. Un mucchio di parole di cui ancora non capisco senso e ragione. Non so perché quel giorno hai puntato su di me. Non so cosa ti mancava (non me lo hai detto mai e mai me lo dirai lo so). Non so perché sei più felice da quando io ci sono nella tua vita. Non lo so dal momento che non mi hai scelto. Non so il perché del regalo, di quell'abbraccio così stretto, degli occhi sempre puntati nei miei. Non lo so. So però dove sei adesso. E con chi. E questa mi sembra l'unica vera risposta ad ogni mia domanda.
sabato 17 settembre 2011
STOP
Sei andato via ora, un paio di minuti forse, e sono ancora stesa sul letto nella stessa posizione in cui tu mi hai visto un attimo prima di prendere la porta per l'ultima volta. So che ho bisogno di guardarmi allo specchio, ma ritardo l'operazione sapendo già, forse, cosa troverò. E infatti. Mi guardo e quella donna non sono io: stessa faccia, stessa pelle, capelli dello stesso colore, ma gli occhi non mi appartengono. All'inizio di quella mattina ero ancora me; sono salita sulla tua auto sicura, di quello che ero, sicura di quello che volevo fare. Poi è stato tutto veloce e lento come la morte di una stella: la tua mano sulla coscia, solo il pantalone sottile a fare da scudo e STOP. Salta la prima molletta nella mia testa. Mi aggrappo alla maniglia dello sportello: non serve. Stringo. Neppure. Guardo la strada. Non vedo. Nulla. Sento. Sento. Sento te che scherzi...ma che dici? STOP. Apro la stanza con la tessera magnetica. Chiudo la porta. Poso i bagagli. Bussi alla porta. Abbasso la maniglia. Conto i secondi e non arrivo a quattro. STOP. Spalle all'armadio, la canottiera sollevata, le tue dita che mi slacciano il reggiseno. Quante volte lo hai fatto per essere così veloce, così bravo. Quante volte. STOP. Poi la lingua in bocca. Tutta; come un bavaglio che riempie. Altra molletta che salta. Doccia. Poi letto. Tu dentro subito. La tua pelle che è mia, addosso. E la lingua sempre, che spinge, e fruga e preme più del cazzo. Cazzo. Solo cazzo come trivella nel cervello. Non sento la carne, non quanto senta te. Sei tu che scivoli, quello che sei, alternando le vie di accesso. Ora la tua mano è dentro sotto la pelle dentro la mia al posto delle ossa. STOP. Mi tocchi con la mia. Tua. Nostra. La tua spalla si incastra sotto la mia. Ancora dentro. Ora l'altra. Bacino. Gamba destra poi sinistra. Testa. STOP. Io guscio tu molle materia che si espande.
Sei andato via ora, un paio di minuti forse. Mi guardo allo specchio: stessa faccia, stessa pelle, capelli dello stesso colore, ma gli occhi...quella non sono io. Siamo Noi. STOP.
Sei andato via ora, un paio di minuti forse. Mi guardo allo specchio: stessa faccia, stessa pelle, capelli dello stesso colore, ma gli occhi...quella non sono io. Siamo Noi. STOP.
martedì 13 settembre 2011
QUINDICIORETRENTAMINUTI
Io e te in una bolla di sapone scoppiata mai esistita, fantasia di me bambina grande, generata da numeri primi consecutivi. Divento ladra di lenzuola e asciugamani per una notte, segugio impazzito cerco odori mischiati sopravissuti alla realtà e al sogno che sempre si confondono quando si tratta di noi. Non più noi. O forse un per sempre mai. IO + TU. Una luce piccola continua a brillare su di me ricordo del neonato morto in culla mai cresciuto. Stanotte ho lavato via l'uomo, ma continuo ad amare l'idea di te amante fratello amico amato padre confidente e figlio. Vibro e sul foglio le vibrazioni sono lettera e poi parola. Sempre Ti Amo oh mio irreale amore.
giovedì 1 settembre 2011
BAMBINA
Sono sempre stata una bambina timida e introversa fino all'età di 19 anni circa: mia nonna mi raccontava sempre che mi svegliavo nel letto da piccola, anzi no, non mi svegliavo, mi mettevo a sedere al centro del letto con gli occhi chiusi e iniziavo a parlare e a gesticolare. Lei ha sempre pensato che durante la notte io riscrivessi le mie giornate come avrei voluto viverle, riscattandomi del modo indegno in cui le subivo. Quindi accadeva, che finalmente urlassi alla bambina che mi aveva sotratto la paletta sulla spiaggia, o che gliene cantassi quattro a chi mi aveva spintonato e l'aveva passata liscia. Ho 37 anni, non sono più così timida e non sono più una bambina, ma questa cosa non è cambiata: adesso, ogni notte, appena mi addormento, riprendo a vivere la mia vita con te.
lunedì 29 agosto 2011
COZZE MON AMOUR
Sono tre giorni che mangio cozze, oggi quasi mi vergognavo ad ordinarle alla stessa ragazza, nello stesso ristorante e alla stessa ora. Le mangerei in qualunque modo, tranne che crude: le desidero come una donna incinta desidera un alimento in particolare. Ma io non sono incinta. Ho portato il libro, sempre quello: leggere seduta sotto un albero aspettando il cibo è piacevole. Ho appena finito di ordinare e sono tutta presa dal racconto, quando un uomo, seduto dietro di me si avvicina: "mi scusi, sono appena arrivato, e non volevo disturbarla, la vedo così rilassata col suo libro, ma mi chiedevo se le interessasse avere compagnia.." Io sorrido e chino la testa: lui capisce, si scusa e si siede di nuovo al suo tavolo. Continuo a leggere, ma non è facile capire il testo. Non mi era mai successo che qualcuno si proponesse così, perciò mi guardo per capire. Sono vestita con dei pantaloni larghi, una canotta e la mia solita giacchina (in caso avessi freddo, con tutti i nostri 38 gradi); non sono truccata, non porto tacchi a spillo. " mi spiace...avevo promesso di non disturbarla, ma dovevo assolutamente dirle che le sue unghie si intonano perfettamente con l'ambiente circostante...mi scusi ancora, ma non sono riuscito a trattenermi." Sorrido ancora e continuo a leggere. Ha capito che non mi interessa....le unghie...Finita la mia zuppa mi chiede se la ragazza avesse ragione, se la zuppa sia davvero così buona come dicono; gli rispondo che sono tre giorni che vado lì a mangiarla. Altre domande: se sono di lì, se per caso vendo prodotti artistici (sono stati i miei pantaloni di velo larghi a suggerirglielo, mi dice), se ho a che fare con l'arte in genere. Mi viene semplicemente da riflettere sul fatto che forse un uomo non ci pensa tanto su: che non ci debba essere chissà quale ragione per attaccare bottone con una donna. Dopo il dolce e aspettando il conto ancora qualche chiacchera e le scuse "per il suo approccio da turista". Vado via augurandogli una buona serata.
sabato 27 agosto 2011
SOTTO L'ALBERO
Faccio una pazzia, ma sì, vado a mangiare in quel piccolo ristorante di cui mi hanno già parlato: lo consiglio a tutti, clienti compresi e ancora io non ci sono stata. Ho voglia di pesce; arrivo, leggo il menu mentre sono al telefono e vedo che c'è quello che vorrei mangiare. Saluto la mia amica e chiedo al cameriere se posso accomodarmi; lui anniusce. In fondo su più di trenta tavoli solo due sono già occupati; scelgo quello sotto l'albero e aspetto. Fa in fretta ad arrivare, mi porta il menu che io consulto velocemente e mi consiglia due piatti, quelli che io avevo già scelto di prendere: bene. "Il vino?" - mi chiede-. "Il vino no", ho già guardato e hanno solo il vino della casa, e poi uno in bottiglia frizzante: quello frizzante non mi piace e lascio perdere. Metto sul tavolo quello che mi serve: il cellulare e il libro, la borsa a terra. Sto leggendo "Un karma pesante" di Daria Bignardi e mi piace: quando leggo qualcosa tendo ad imitarne la stile narrativo, divento un'imitatrice di parole, chissà forse sono dentro il romanzo e le sue frasi sono corte decise e spoglie, un po' come queste, ma quello che sento è sempre e solo mio. Passa la ragazza che lavora di fronte al mio negozio e mi urla " signora, oggi ci trattiamo bene eh!". Sorrido e faccio di sì con la testa, ancora non ho neppure cominciato a mangiare e ho fame. Zuppa di cozze: le cozze fresche e buone, ma troppo peperoncino, un peccato. Erano settimane che non sentivo la tua voce: il peperoncino mi fa bruciare gli occhi che diventano lucidi, un po' per cose diverse. Non credevo che chiamassi e non so ancora come mi sento. Trancio di tonno fresco scottato: buono, arriva quasi freddo, ma è freschissimo; è tagliato alto, quasi crudo come piace a me, e morbidissimo. Penso di aver bisogno di credere di amare un uomo, o di averlo amato, e che quell'uomo non sia più tu, perché l'uomo che amavo, che amo, che diceva di amarmi non mi avrebbe procurato tanto male intenzionalmente. I pomodori sono solo di contorno al piatto, ma li mangio, sconditi sono buoni lo stesso. I pomodori mi servono. Chiedo il conto e vado via, un po' più sola di quando sono arrivata.
mercoledì 24 agosto 2011
PERLE E SASSI
Come se non ti avessi detto niente, come se tutte le parole del mondo dette e anche quelle pensate respirate sognate sputate in faccia o sulla schiena fossero sparite: avessi saputo che bastava così talmente poco ti avrei consigliato prima di farti una vacanza. E adesso penserai che sono arrabbiata, no di più, incazzata o peggio, peggio di tutte quelle cose che di solito gli uomini esseri superiori pensano delle donne in preda a crisi isteriche, crisi che probabilmente sto avendo proprio in questo momento, forse. Ma non è "arrabbiata" la parola giusta: proviamo con "stanca" "schifata" "disillusa" "accasciata". Perché per arrabbiarsi bisogna mettere in moto e fare circolare un carico di energie che io non posso più permettermi di consumare. Eppure le parole, lo so io e lo sai anche tu, sono così meravigliosamente dolci e consolanti; ci fluttuano dentro per giorni e mai svaniscono, restano lì come odore lontano, profumo di ricordi mai spenti. Le nostre parole io le avrei salvate tutte, una per una a costo di morirci io dentro quel lago nero; che loro vivessero al mio posto, che mi sopravivessero come i figli per una legge nostra dovrebbero sopravvivere ai loro genitori. Ma non le vedo intorno e ho disimparato a nuotare per andarmele a ripescare: confido nel fatto che un giorno verranno a galla, come i corpi morti che dopo essersi inabissati tornano a cercare l'aria dei vivi.
domenica 21 agosto 2011
Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca
Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca Oggi ti amo con la bocca
martedì 16 agosto 2011
E GLI ASINI CHE VOLANO
Parlo con te. Parlo da sola. Parlo con qualsiasi cosa: con la matita, il giornale, la borsetta da sera, con gli asini che volano (proprio ieri sera ne ho visto uno bellissimo verde con striature gialle). Ti racconto di me di continuo, di quello che vedo, di cosa mi fa ridere, della gente che mi ferisce; ti chiedo consiglio: tu non mi rispondi quasi mai. Continui a guardarmi e a sorridere con l'unica espressione di sorriso che conosco, sempre la stessa ripetuta all'infinito: non è confortante come può esserlo un'abitudine o un gesto conosciuto. Non lo è. Prima o poi gli oggetti destinatari delle mie paturnie mi si rivolteranno contro coalizzandosi in un esercito di milioni di atomi secchi ed io sarò spacciata; non mi faranno male, lo so, non esistono i pagliacci di poltergeist, ma il dolore verrà da quel vuoto, dalla scomparsa di figure colorate ormai diventate amiche, dal tuo "sparire" insieme a loro. A quel punto forse parlerò ancora all'aria, o forse parlerò in silenzio, o forse sarò costretta a tacere e a chiudere gli occhi per evitare di vedere te che non ci sei.
lunedì 8 agosto 2011
UN'ESTATE QUASI FA
L'estate dei miei quattordici anni, Antonio, mio dirimpettaio di casa, si presentò al mio cancello con al seguito il suo fratello minore e un amico, tale Donato. Il motivo della visita era la candidatura a mio fidanzato dell'amico di cui sopra. Il peroramento della causa durò per ben tre giri lenti lenti del mio giardino, strinsciando quasi lungo i muri perimetrali, ma io che non ci avevo mai pensato all'idea di avere un fidanzato, tantopiù che Donato aveva la faccia di un mezzo delinquente e l'idea di dover baciare qualcuno mi provocava uno S C H I F O improvviso (lo scrivo distanziato e maiuscolo perché qui in rete pare faccia più impressione scritto così), continuavo a scuotere la testa in segno di diniego. Giunti alla fine del terzo giro e dopo una mezz'oretta di chiacchere (Antonio era un ragazzo di tre anni più grande di me, intelligente e all'epoca abilissimo oratore), e avendo capito che non sarebbe mai riuscito a convincermi avanzò la sua di candidatura a fidanzato. Rifiutai. Stamattina l'ho incontrato: viene a trovare i genitori che ancora vivono nella campagna di fronte a me, è diventato un bravo oncologo, è sposato e ha due bei bambini intelligenti quanto lui e sua moglie. A volte qualcuno riesce anche a fare la scelta giusta.
martedì 2 agosto 2011
NON CI SI ABITUA ALLA PIZZA SURGELATA
Non ci si abitua alle cose che ci cascano di mano, al frigo vuoto, al silenzio dei passi singoli. Alla gente che litiga senza motivo, ai bambini che piangono, al cibo che finisce in una pattumiera. Alle morti e ai disastri; neppure a quello ci si può abituare. A stare lontano da chi si ama, all'ingiustizia del sentimento non ricambiato, al televisore che all'improvviso smette di funzionare. Al non avere i soldi per comprarsi un libro, alla malattia di chi ci sta accanto, ai dolori del ciclo. Al cellulare che non prende, alla pioggia improvvisa, agli addii. Non ci si abitua all'abbraccio di un bambino, a certi baci che sembrano sempre "il primo", a quegli abbracci che ci fanno mancare l'aria. Alle tue mani; a sentire la tua assenza tanto quanto la tua presenza; ai tuoi toni di voce; alla tua risata. Non ci si abitua alla pizza surgelata; e io ancora non mi abituo a te.
sabato 23 luglio 2011
SOFFOCO
Soffoco, e non è per questo caldo che tutti dicono asfissiante. Soffoco, e non è per il tuo cazzo che mi riempie la bocca. Soffoco senza rimedio al soffocamento. Sono rimasta incastrata nelle porte di un ascensore che non accenna a restiruirmi la libertà. Forse non gliel'ho chiesta; forse non la voglio. Sbircio nello specchio alle mie spalle: mi sono cresciuti i capelli e mi vedo diversa, tanto che fatico a riconoscermi. Oggi è tutto un rimescolìo, una pesantezza, un dubbio. Dubbio? No. Ho sbagliato, non volevo dire dubbio, non l'ho pensato. Ma ho pensato altro ("troppo pensi" - dice la mia amica): ho pensato a tutto e al contrario di tutto per essere pronta alla risposta, alla guerra, alla disfatta. Ho pensato a colori e anche in bianco e nero; ho pensato al freddo e anche al caldo; ho pensato da sveglia e nel sonno. Penso a quello che è successo (al poco) e a quello che ho solo immaginato (al tanto): penso perché non ho nulla da costruire, se non castelli di parole; immagini infiocchettate e ritoccate al photoshop, foto di una vita condivisa che non esiste. Sta tutta lì, nell'ascensore di splendido acciaio, mezza arrampicata sulle pareti, o infilata nel neon della lampadina sul soffitto. Sta tutta lì e mi soffoca: ma ancora non esco.
TU non sei TU
Tu non ci sei. Tu manchi. Io guardo le tue foto: sono centinaia. Me ne sono accorta solo stamattina di quanto tu venga fotografato dai tuoi amici e forse da lei: non mi fa male. Guardo quelle in cui tu sei solo, poi quelle in cui siete abbracciati stretti, occhi socchiusi: e non fa male. Non fa più male. Ti guardo e quel TU non sei TU: è come guardare un divo, un personaggio, non qualcuno a cui si è stretta la mano. Poi mi viene in mente che di te conosco anche la voce: l'idea non sembra più così buona come prima, ma regge ancora. Ecco, la voce che sento proviene da un'altra dimensione: quel tuo TE con cui parlo riesce lo stesso a non essere ancora TE. Ti sposto da un mondo all'altro e i miei problemi si accantonano; adesso vi guardo e quasi sono felice: nessun pugno allo stomaco, niente più lacrime (tranne quando ricordo le vecchie lacrime, quando ancora tu eri vero), solo un vuoto piccolo di spazio che prima era occupato e ora è vacante. Tu sei due persone adesso: una, vera, che ha una vita distante e serena con una donna che ama, una vita ricca di impegni e di cose da fare; l'altra, quella che esiste solo per me, fatta di parole e font diversi, di voce a volte, puro spirito di uomo senza mani, né occhi, carne nessuna. Presenza che scalda, quando può, presenza di assenza che riesce, però soltanto, a farmi vedere meglio come io sia sola.
lunedì 18 luglio 2011
Il sonno ci aveva colto all'improvviso: quasi senza che ce ne accorgessimo ci eravamo ritrovate a respirarci addosso, con quel respiro pesante di chi è stanco, ma ancora non vuole rassegnarsi. Scivolate tra le nostre braccia, le parole si erano spente una alla volta, dopo che già gli occhi erano chiusi (che tanto tenerli aperti al buio sarebbe stato uno spreco): parole dette solo per continuare ad ascoltare la voce dell'altra, le risate, i sospiri.
Ma ad ogni notte segue il giorno: un giorno pieno di luci e profumi. Buona giornata, amore.
yuki
venerdì 15 luglio 2011
IL BACIO DELLA MORTE
Avrei voluto morirci in quella stanza d'albergo, che tu m'ammazzassi mentre eravamo lì pronti per uscire: tu, col giubbotto addosso e con le chiavi dell'auto in mano e io, a testa bassa che armeggiavo con la borsa prendendo tempo. Mi avresti ucciso come in un film (una volta l'ho visto, ma non ricordo cosa fosse esattamente) baciandomi, con quel bacio che mi hai dato, uno degli ultimi, mentre io ero già tutta chiusa accartocciata sperando che succedesse qualcosa che mi impedisse di uscire. Ma com'è che non succede mai niente quando una vorrebbe? Che ne so, gli alieni che arrivano e ti portano via, o di prendere fuoco (non hanno provato che esiste il fenomeno dell'autocombustione?) come un cerino, di sbriciolarsi al suolo un pezzo alla volta come un castello di carte: ma non è successo. Ho dovuto uscire per forza, prendere l'ascensore con te, arrivare alla reception e guardarti pagare il conto di una stanza che abbiamo occupato per due ore. Ed una volta arrivata all'auto aprire lo sportello e sedermici: neppure lì è accaduto nulla. La terra non mi ha inghiottito, nessun tremors nei paraggi, nessun colpo secco del platano picchiatore, nessun pazzo con una mega sega elettrica: niente. Quindi ho dovuto accendere l'auto e ripartire incamminandomi verso casa; e una volta a casa ho dovuto ricominciare tutto esattamente da dove avevo interrotto: un punto qualsiasi del nulla.
giovedì 14 luglio 2011
LEGITTIMI IMPEDIMENTI
No, non puoi fare l'offeso (e magari non lo stai neppure facendo, e magari hai avuto impedimenti tali che non mi hai potuto nemmeno dire "ciao, scappo"); nel caso ti fossi risentito sappi che non ne hai la facoltà. E visto che è pesante sentire le mie parole (io lo so, maledizione se lo so, di essere pesante e pignola e puntigliosa), che ti scarnifico le carni quando le pronuncio o le scrivo, le butto qui, in mezzo a tutte le altre, e poi cerco anche di nasconderle un po'. Mi sarei messa in auto verso le quattro del mattino, avrei fatto benzina durante la strada e magari anche colazione verso le sette e mezzo otto, e poi dritta fino all'albergo, in cui contavo di arrivare verso le nove massimo del mattino: e lì ti avrei aspettato. Avrei aspettato fino alle 7 di sera, avevo calcolato, che tu avessi un momento libero per me e che potessi scappare da me in albergo. Io avrei aspettato. Ma all'interno di un'intera giornata di un giorno qualsiasi scelto da te tra tre che io ti mettevo a disposizione tu non hai potuto trovare neppure un attimo in cui potenzialmente avremmo potuto incontrarci. Erano 9 ore per 3 giorni per un totale di 27 ore a tua disposizione e non ce l'abbiamo fatta: no, è diverso, io non ce l'ho fatta. Non ce l'ho fatta a farti inventare una trasferta qualsiasi, un cliente con problemi che richiedeva la tua presenza, persino una stronza ruota forata. Io non ce l'ho fatta. Davvero, come puoi pensare che, dopo aver perso tutta la mia dignità di donna-femmina che si metteva a tua disposizione solo per essere scopatatoccatabaciata, come puoi pensare amore mio che io mi rimetta a tua completa disposizione? ...io non posso. La lama che io avrei voluto tu mi passassi sul corpo (ricordi?), quella vera, quella che avresti dovuto portare tu, mi ha trapassato da parte a parte come fossi stata di burro. E mi sono sentita l'ultima delle ultime. Tu mi hai detto che da zero a cento ti andava bene qualsiasi cosa tra di noi; e io so di essere importante, ma non fondamentale. O forse sì, forse non capisco nulla. Io ho questo cuore che ha lasciato il petto e non è più mio, questo cuore che mi ritrovo tra le mani e non so che farne. L'unica cosa che non voglio farne è una tragedia: a sentire te va bene quasi qualsiasi cosa (che invidia che ho per come riesci a gestire questa cosa), e adesso anche io sono riuscita a darle una dimensione giusta (ma che cazzo sto dicendo, mi sembro un film coi sottotitoli). Ho la testa piena di te, ma tutto poi, sono solo te, una forma diversa di te e me insieme fusi, confusi (che a restare incinta di te almeno potrei parlarti ed averti dentro per nove mesi interi e ininterrotti...quante volte ci ho pensato...), confusa, distorta, piegata, sbiadita. Queste parole te le ho dette, ridette, qualcuna sì altre no, ripetute nella mia testa all'infinito, scritte sulla carne, descritte a circoletti nella fica ogni volta che mi sveglio la notte e mi accorgo che sognandoti mi stavo facendo l'amore: le ridico, perché mi serve per non implodere. Le ridico, le ho ridette.
giovedì 7 luglio 2011
HO SMESSO DI FARE L'AMORE
Ho smesso di fare l'amore perché non potevo avere te. Ho smesso con lentezza, senza accorgermene, come chi smette di fumare e non si aspetta che sia così semplice. Incosciente fino ad ora, persa a tirare calci ad una lattina per strada, a contare le pecore, a ripetere tabelline a memoria. Ho smesso perché ho perso il corpo un pezzo alla volta: sono state tue le mani, poi la voce, schiena, spalle, bocca, seno, piedi, fica, culo. Ho tenuto il cervello, per lavorare, e gli organi interni compreso un pezzo di cuore. All'inizio ho smesso di fare l'amore per amore; poi ho smesso e basta, e ho capito che avevo smesso di fare l'amore con chiunque, persino con te.
lunedì 20 giugno 2011
sorda, cieca e quasi defunta
Smetterla di chiamarti "amore" sarà la cosa più difficile, ma pensare che tu non lo sia più è un'impresa impossibile. Ho chiuso la telefonata e stavo bene, davvero, mi ci sentivo, meglio, più leggera, più libera :"devi liberarti di me, perché per te sono un fardello" e ancora "ci dovevi pensare prima di decidere di incontrarmi" e ancora "sì, te l'ho detto prima che la amo". E non ci volevo tornare a casa in queste condizioni, non volevo andare a correre con la mia amica perché non voglio diventare più bella: mi sono seduta nel mio solito rifugio, di spalle a tutti quelli coi quali scherzo di solito e ho aspettato che Giuseppe si liberasse per potergli chiedere un bicchiere di vino."Quale vuoi?" mi ha chiesto e io di rimando "quali hai aperti?". "Ci sono tutti..anche il romanico, quello ti piace no? ti porto anche due crostini?" Giuseppe mi conosce. E mi sopporta. E c'è sempre. Mi ha portato il vino e mentre lo facevo roteare nel bicchiere per vedere la densità del vino (avevo visto fare così ad un cena, la lacrima la chiamavano) erano le mie che iniziavano a scivolare. E non riuscivo a fermarmi. Ancora non ci riesco, se è per questo. Stupida. E sentimentale. Me lo dicono quasi come un'offesa. Romantica. Mi soffio il naso e ricomincio, mi ci attacco a questo foglio come da ragazza a quello vero, di carta dei quaderni che diventavano i miei diari. Chilometri di parole ed ancora non imparo che l'amore non è per me. Che non è cosa che possa nascere così, che si debba invece pianificare come una grande opera e mettere su con lastre di cemento e forti fondamenta ancora prima. Che non basta incontrare una persona e capire che ci vuoi stare assieme. "Dimmi perché vuoi sentirmi dire che la amo? Per stare anche peggio? Ma la vera ragione, però." Perché mi sento finta e irreale da una vita, ogni volta che mi sono innamorata mi ci sono sentita, così. Irreale, pura opera di fantasia: chiusa nel bagno aspettando che lui facesse le telefonate a casa; con una finta fede al dito per evitare di dare spiegazioni ogni volta che volevo declinare l'invito di un uomo. Sono sempre stata due donne diverse: una di fronte al mondo; e una con l'uomo che amavo di nascosto. "Non posso ribattere, è tutto perfettamente logico quello che dici." Non me li sono fatti mai tanti chilometri per vedere un uomo, io. E non mi sarebbe venuto in mente mai di farmeli per la seconda se quell'uomo non fossi stato tu. Se non fosse che finora, forse completamente solo fino a qualche settimana fa, mi hai sempre fatto compagnia da quando mi svegliavo nel letto ( e ancora mi ricordo quelle frasi che mi hai detto: " penso di tornare a casa, spostare le lenzuola del letto e che tu sia lì" oppure "stanotte non avrò nessuna difficoltà davvero ad addormentarmi con te accanto") a quando non ci ritornavo la sera. Ti ho tenuto il posto libero accanto a me durante il pranzo; mi sono fatta accompagnare; ho discusso con te dei dipendenti; ti ho accopagnato a fare acquisti. Tu sei dentro di me. Sempre. Perché non ti ho cercato, ma ti ho riconosciuto. E stasera sono morta. Ed è morta anche la mia fica, la pelle, le mani, i capelli che continuavano ad esistere solo per incontrare di nuovo te. Ad un tratto è tutto perso. "Sto cercando di risolvere...è difficile, ma non mi do per vinto ancora.." Mi sarei fatta di nuovo 1000 km per poterti parlare in faccia invece che al telefono e sono diventata un problema da risolvere. Doveva essere tutto bello e leggero ed è diventato pesante come il lavoro, problema da risolvere. "Sì, sì lo so, non sto controbbatendo stavo solo parlando, ripensando.." Le parole mi sono mancate poco alla volta, alla fine eravamo fatti di quello, una alla volta me le hai tolte (questo è stato doloroso più del non poterti vedere o del fatto che tu non ci tenessi a vedere me), e anche stasera sei stato silenzioso. No, non è vero. Non lo sei stato. Semplicemente non potevi dirmi le parole che io volevo ascoltare, perché tutte le parole che io avrei voluto ascoltare le hai già dette, ma non a me; e tutta la vita che io vorrei vivere con te non ti manca perchè la vivi già. Sì me lo hai detto che la ami, e forse me lo hai detto ogni volta che mi parlavi di lei, e glielo dici con ogni buongiorno e con ogni buonanotte. Sorda e cieca e adesso quasi defunta.
SFOGHI (NON CUTANEI) LA TERZA
Lo so, lo so dovremmo essere tutti più buoni, dovrei esserlo io prima di tutti che poi Gesù si arrabbia e se si arrabbia...non lo so che può succedere ma qualcosa succede sempre in ogni caso. Ma stasera a te chi ti ha mandata? Avevo avuto una giornata tremendissima di solitudine e con un incasso che non mi basta nemmeno a pagare la luce e arrivi tu, splendida così come sei (come credi di essere) a tormentarmi le uniche due ore che ho deciso di trascorrere finalmente seduta a godermi il passeggio della ignara gente. Quindi eccoti, col tuo vestitino bianco bianco con una spacco che sembra che tu stia per recarti direttamente ad una visita ginecologica, con un reggiseno tutto pizzi e cotonino che serve unicamente a far presente a chi ti guarda che il reggiseno ce l'hai perché ti serve (sì ti serve come sostegno psicologico), con i capelli fatti, le unghie finte lunghe, truccata ed ingioiellata e con un paio di sandali che...vabbeh sui sandali non mi esprimo. Hai accanto un uomo che molto probabilmente ha delle mire espansionistiche nei riguardi del tuo territorio e lo posso anche comprendere perché sei una bella donna, e su questo non ho niente da dire. Ma poi hai iniziato a parlare (e non ti sei fermata per tutta la serata) e per me che non ho nessuna intenzione di scoparti questo rappresenta un colpo basso, no bassissimo. Mi hai tenuta inchiodata due ore parlando di adozioni, fecondazioni assistite (è domenica porca miseria) e mi hai illuminato sulla tua esperienza pluriennale sui rapporti tra uomo e donna. Non sono riuscita a dirtelo, perché ancora non siamo in confidenza (e cercherò in ogni modo a mia disposizione che le cose rimangano tali - ti sarai accorta che sono stata molto attenta a non chiamarti mai per nome, no?) e non volevo essere brutale, ma essere convinte che ci siano uomini che per loro natura siano portati al tradimento e che sia assolutamente un caso se le tue storie più lunghe siano state costellate da svariate relazioni extra, nonostante il grande amore tra di voi, fa di te la vincitrice dell'insigne premio di "alice nel paese delle meraviglie". Ora che ci penso, tutte le cose di cui sei convinta e che sostieni così a spada tratta prendono forma da una marea di insulsi luoghi comuni. Comunque sono spiacente davvero e di tutto; soprattutto di non aver avuto un impegno precedente che mi sottraesse a questa meravigliosa serata accanto a te; cosa che deve aver sicuramente pensato l'uomo col quale ti sei accompagnata e che a fine serata sembrava uno di quei pesci agonizzanti a cui manca l'acqua. Ad ogni modo, anche questa è andata, abbiamo mangiato bene, e bevuto meglio (tu soprattutto devo dire che mi hai impressionato per la capacità che hai di reggere l'alcool), e spero tanto che quella tua frase " a presto" fosse e rimanga soltanto uno dei tuoi tanti modi di dire.
mercoledì 15 giugno 2011
LA LETTERA
Caro Amore mio,
affido le mie parole a questo "vento" invece di chiuderle su di un pezzo di carta, sperando che siano più libere di fare il loro percorso ed evito di rivolgermi a te, per non consumare il poco tempo che abbiamo con le mie pesantezze.
Una mia amica mi ha detto, qualche giorno fa, che è inutile che io continui a porti o anche a pensare di porti delle domande a cui tu non puoi rispondere: e tutto d'un tratto sono rimasta senza parole, senza più domande, senza quasi confidenze da farti. Non so che dire. Ho cercato di fare finta che lei non ci fosse, sbagliando: ora ho capito, e l'ho capito davvero, che lei è parte di te, che è sotto la tua pelle più di come e quanto avrei immaginato, e che per avere te devo avere entrambi. Va bene. Sono pronta. Sono pronta ad ascoltare i vostri anneddoti, a riguardare con te scene di vita vissuta e felice, ad ascoltare le vostre risate. Mi sono vista improvvisamente come strada che procede parallela a lei e tu l'enorme distesa di terra che ci accoglie entrambe: non si smantella così una strada, no, non si fa. Perciò eccomi, povera e lacera, ma consapevole; serena non ancora , ma forse tra un po', quando riuscirò a trovare il bello in questo poco ed enorme niente o tutto che ci siamo scambiati e che ci scambiamo ancora, quando scoprirò il perché e lo scopo, i colori e le stagioni (ché adesso è solo tutto buio).
Ti amo.
A.
martedì 7 giugno 2011
AD OCCHI CHIUSI
Quando ho capito che non avrei potuto averti ho scelto un altro col tuo stesso nome: ero sicura che ti avrei invocato, che chiudendo gli occhi solo tu mi saresti venuto in mente, che a gran voce di avrei chiesto di entrarmi dentro, di scoparmi, fottermi, fare l'amore, abbracciarmi, baciarmi, sfondarmi. Che tutto ti avrei chiesto, insomma, persino di più. Ad occhi chiusi ho capito che l'odore che sentivo non era il tuo: il profumo, anzi, che quasi il tuo odore ancora non so quale sia, ma ho provato a fingere. Ho poi finto che tue fossero le labbra, nonostante sapessi che non eri tu a baciarmi, e che la tua lingua non riempiva la mia bocca come avrebbe dovuto. Ho tenuto gli occhi chiusi stretti stretti come i bambini che hanno paura che il sapone glieli bruci quando le tue mani, che non erano tue mi hanno abbracciato, stretto, senza abbracciarmi la mente e stringermi il cuore come solo le tue sanno fare. Ho fatto tutto quello che potevo fare (non sono una che si arrende facilmente) prima di dire basta, e scivolare arresa sotto il letto. Chiudere gli occhi non è servito, e alle invocazioni non ci sono mai arrivata; ora li apro poco alla volta come fa chi si debba riabituare alla luce del sole per vedere, senza finzioni, che tu non sei qui.
domenica 5 giugno 2011
VANEGGIAMENTI
Credevo che mi avresti chiamato, stanotte, e non in un momento qualsiasi, no; ero sicura che il telefono avrebbe squillato alle 2, e ti avrei sicuramente aspettato fino alle 2:15. Non è successo, ma ti chiederò certamente spiegazione del perché tu abbia mancato al nostro appuntamento così a cuor leggero. Avrai una scusa plausibile, so anche questo, una scusa che non ammetterà repliche da parte mia, come sempre accade, ma che sarà pur sempre una scusa. E mi dirai che anche se non hai chiamato tu eri con me, incastrato tra le pieghe del lenzuolo, o come il fazzoletto sotto il cuscino, o ancora perso nel letto come quel calzino che ci si sfila quasi dormendo. Oppure non me lo dirai affatto perché non ce ne sarà bisogno, perché non te lo chiederò, perché perché perché. Perché la testa non si ferma, e il cuore corre, ansima, annaspa da quando ti amo, da quanto ti amo. Da quando? Le parole non bastano più; le combinazioni possibili risultano già insufficienti a descrivere, misurare, pesare, definire. Da quando amo.
giovedì 26 maggio 2011
VETRI
Non mi manca più l'aria: semplicemente ho smesso di respirare. Avevo smesso di mangiare altro, di bere, dopo, altri che non fossi tu. Mi sono mantenuta distante dal mondo per non sporcarmi le mani. Solo allora ho smesso di respirare; ma non funziona. Continuo a sentire, a vedere, a dover toccare quello che non vorrei. Ti guardo come se tu fossi nella bolla dei pesci rossi e ti servisse acqua per sopravvivere, mentre a me serve aria. Se ti tenessi in mano, moriresti, se mi gettassi nella vasca con te affogherei. Ti ho sentito vicino attraverso il vetro freddo, ma non c'è modo di restare uniti senza restare separati. Io guardo te. Tu guardi me. E ci amiamo come se fosse così da sempre. Ci amiamo solo da lontano.
domenica 22 maggio 2011
SOGNI 2
Finalmente posso rivederti dopo mesi; inutile dire che non vedo l'ora. L'attesa è cancellata nel sogno e io mi ritrovo direttamente in una camera d'albergo di fronte a te. Non c'è la frenesia di averti dentro, ma quella di averti sopra, addosso come un vestito che ci fa stare bene ad indossarlo. Ho le mani sul tuo petto e cerco di sfilarti la maglia e tu mi dici: "aspetta, devo dirti una cosa. Ho fatto un tatuaggio." Ti guardo come a chiederti cosa c'entra, la solita ruga mi si forma tra le sopracciglia e piego la testa di lato, a sinistra, come mi succede. Alzi la maglia e vedo il suo nome sul seno sinistro. Allungo la mano senza riuscire a toccarti: la tua pelle è incandescente per me. Non riesco più a guardarti. E poi penso che debba essere anche a causa del mio nome se mi succede quello che mi succede: una "L" nel diminutivo. Una lettera completamente aperta, che poi è anche per questo che mi piace tanto il suo suono così morbido, e prolungato quel tanto che basta per sentirne quasi il sapore in bocca. Una panchina in un parco, alla stazione, una sedia di plastica delle sale d'aspetto, un luogo dove sostare, dove riposare le stanchezze. Confortevole per i viaggiatori, i pellegrini o per chi passeggia, magari sotto il fresco creato dalla "A". Un luogo di passaggio: chi mai resterebbe seduto su di una panca per tutta la vita? No, è fatta solo per riprendere il fiato e ripartire, per riacquistare un po' di serenità, per avere la spinta giusta per ricominciare meglio ad affrontare il buio che torna o che può tornare. Bisogna essere dotati di una certa generosità e forza d'animo per essere una "L"; e di parecchi pacchi di fazzolettini per gli addii.
sabato 21 maggio 2011
BENI DI PRIMA NECESSITA'
- Mi scusi, a quanto lo fate un abbraccio oggi?
- Ah signora..oggi le viene una palpata leggera..
- ...e un bacio?
- Dunque, un bacio netto, il classico per intenderci di durata media con la lingua un'atto masturbatorio a dare...altrimenti quello senza è uno struscio leggero.
- E un flm da vedere abbracciati?
- ...ah, ma signora lei ha gusti costosi..quello le viene una fellatio...però.. non vorrebbe per esempio un caffé al bar...quello lo diamo per mezz'ora di mano libere senza impegno...
Allora...cosa le do, oggi?
- ...niente..oggi non ho di che pagare...
- Ma come?..a me non sembra proprio...possibile? e quello che vedo?
- E' che su quello che vede ci ho messo un'ipoteca...non è più roba mia, non la posso usare per scopi personali...
- Capisco...ed è da tanto?...scusi se mi permetto di chiedere...
- Da un po'...sono capitata col peggiore degli strozzini e ora non ho più nulla.
- Sempre lui, eh? Sapesse quante ne sento, signora...quante ancora ci capitano...
- Sì...sempre lui...il cuore.
giovedì 19 maggio 2011
GEMELLI
(RED CHAIRS by XGRAY)
Ho frequentato solo un anno di asilo, dai quattro anni e mezzo ai cinque e mezzo, prima di passare in quella che chiamavano la primina. Circa a metà anno ricordo di essermi fidanzata con due gemelli: il fidanzamento consisteva nell'andare in giro per la classe per mano con me al centro. Un giorno, senza nessuna avvisaglia, arrivando vidi la mia migliore amica del momento mano nella mano con uno dei gemelli: quella grandissima puttanazza (era pure brutta, scura e abbastanza pelosa) si era presa uno dei gemelli. "Uno" perché prima di quel momento non mi ero mai sognata di distinguerli, ritenendola cosa inutile. Tornando a casa mi buttai sul letto, facendomi quello che fu il primo grande pianto della mia vita, e stupendomi delle risate degli adulti al racconto della spiegazione circa la mia profonda tristezza. "Ma hai sempre l'altro!" ripeteva mia madre sorridendo. E io ancora stupita della loro ottusità continuavo a ripetere: "quelli sono gemelli ! Vanno insieme! ".
Probabilmente è per questo che sono comprensiva verso gli uomini poligami; io stessa conservo ancora un ricordo felice di quei primi momenti.
domenica 15 maggio 2011
Non so come sia successo, ma è successo. Ti amo. Come se questo sentire ci fosse sempre stato in me, come se l'inizio non fosse databile. Ti amo. Con ogni bulbo pilifero, ghiandola sudoripara, papilla gustativa del mio corpo. Ti amo. Poco importa che tu faccia o non faccia la tua parte, che tu ci sia o meno. Ti amo. E mi sembra molto più che tutto.
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