lunedì 2 marzo 2015

Tutto mi manca di te. Ma più di tutto mi manco io, com'ero con te; quello che provavo, quello che dicevo, come scrivevo e perché. Mi manco io da quando mi manchi tu. Mi manca il lago profondo dei miei pensieri il calore dei suoni della gola il tintinnio dei tacchi raccontati le corde della chitarra nascoste dietro una benda per occhi lo spingere la risata oltre i toni solo per non dire altro le parole rincorse per scacciare il silenzio dei ricordi per tagliare le emozioni per uccidere la vista. 
Mi manchi moltissimo. 
E mi manco io.

martedì 13 gennaio 2015

Sono seduta su una panchina aspettando che mia nipote esca da scuola e guardo le nuvole che veloci si muovono sopra di me; osservare questo manto che ci ricopre mi fa sempre pensare a quanti siamo, a come innumerervoli emozioni e fatti coinvolgano contemporaneamente gli esseri umani. Mentre io sono comodemente in attesa sicuramente esisterà un altro essere umano che piange, ride, partorisce, è vittima di violenza, dorme, parla, odia, ama, si comporta da carnefice: moltitudini di esseri e moltitudini di azioni e sentimenti. I fatti di Parigi, la Palestina, le carestie, i morti per fame e a causa della guerra sono tragedie. La vita, ogni esistenza, è fatta di piccole e grandi tragedie da sempre. Siamo tutti impegnati ad esprimere giudizi, a scrivere a grandi lettere "je suis Charlie", a piangere i morti famosi commemorandoli postando i loro video sui social networks; questa è la globalizzazione, a questo ci ha portato il poter sapere tutto nel momento stesso in cui accade: ad occuparci di cose lontane per evitare di accorgerci di quello che succede vicino a noi. Tutti i nostri sguardi sono puntati sul chiodo nell'occhio del nostro non troppo vicino per distrarci dal guardare la trave che è nel nostro; e vorremmo tutti aiutare chi è senza acqua, chi non può curarsi, chi non può sfuggire all'odio quotidiano, e vorremmo aiutarlo soprattutto perché è lontano da noi. Siamo degli ipocriti vigliacchi. 
Ci vuole una più grande forza per aiutare chi conosciamo: dobbiamo metterci in gioco, dobbiamo metterci la faccia, dobbiamo essere pronti a capire come farlo senza che l'altro si senta umiliato dal nostro gesto di aiuto; dobbiamo usare sensibilità e "sprecare" il nostro tempo. Non è così veloce come mandare una donazione tramite sms o firmare per l'8 per mille. Sapere i fatti del mondo non ci aiuterà ad essere migliori, tutt'altro. Cerchiamo di usare i nostri occhi e il nostro cuore per aiutare chi possiamo toccare con mano, l'aiuto arriverà poi anche a quelli più lontani.

mercoledì 5 novembre 2014

DIVENTARE POVERO

Diventare povero oggi non significa non avere un piatto di pasta da mangiare, ma non poterlo condire se non con la passata di pomodoro del discount a 58 centesimi; non vuol dire non avere abbastanza vestiti da indossare (quelli te li eri già comprata quando i soldi ce li avevi e vanno ancora bene), ma non poter chiamare il tecnico per aggiustare la lavatrice rotta, o anche dover dosare la quantità di detersivo a mano per farlo durare di più. Significa comprendere di essere fortunati per il solo fatto di avere ancora un tetto sulla testa, ma detestarlo quel tetto perché non avendo un lavoro diventa tutto quello che vedi dalla mattina alla sera. E' la tristezza di non poter più chiedere ad un amico se gradisce un caffé, è dover rifiutare gli inviti a cena fuori degli altri, che poi smetteranno di invitarti. E' la rabbia nel non riuscire a spiegare alla tua famiglia che chi ti ha conosciuto prima di questo momento non ha un lavoro da offrirti, e anche se ce lo avesse, probabilmente, non te lo offrirebbe perché non saprebbe come gestire un ex collega. E' vedere il disagio negli occhi di chi ti ha conosciuto nel periodo buono quando ti ritrova a vendere oggetti usati tuoi su una bancarella e riuscire a comprendere perché fingano di non vederti. E' svilimento quando realizzi che per tutti è più facile fare beneficenza ad un estraneo e sentirtsi apposto con la coscienza piuttosto che, avendone la possibilità, trovare il modo di aiutare un amico o un conoscente in difficoltà. Diventare povero oggi non significa, almeno non ancora per me, aver perso tutto, ma aver perso una piccola cosa ogni giorno e non saper più dove andarla a cercare. E' uno smarrimento profondo nei confronti di una vita che sembra non averti tolto molto se non cose di cui, ragionando, tutti possono fare a meno: la carne mangiata quando ne senti necessità, un giro in auto a prescindere dal fatto di avere o meno i soldi per fare benzina, la rivista di moda acquistata in edicola e persino un paio di calze nuove. E' una povertà che diventa dello spirito, che non riesce più ad usare l'immaginazione per continuare ad avere motivo di alzarsi la mattina; è povertà di volontà quando capisci che non serve a nulla mandare l'ennesimo curriculum che nessuno arriverà a leggere anche se lo fai ugualmente. Ritrovarsi senza lavoro a quarant'anni e oltre significa sentire che le fondamenta della tua vita si sgretolano e rendersi conto che ci vuole un piano B, significa chiedersi in continuazione "e adesso che faccio?".

martedì 21 ottobre 2014


Prima ho pensato a te com'eri: ai toni flessuosi della tua voce, a cosa mi raccontavano le tue mani, alle risate dei tuoi occhi. Poi per noia e per divertimento ho pensato a te a come saresti stato e i tuoi gesti mancanti sono diventati presenze. E allora ti ho visto prendere un caffé al bar, fare benzina, parlare coi clienti. Ho immaginato nuove conversazioni, nuovi abiti, nuovi finali. All'improvviso tutto si è mischiato: il vero ha perso valore, il falso l'ha guadagnato. Le risate sono diventate lacrime, gli abbracci schiaffi; la presenza ha scandito nuovamente l'assenza. Intontita e in contemplazione di un film mai proiettato ho capito che qualunque cosa fosse stato allora, oggi io sarei sempre qui e tu là. Pensieri di una nuova anziana signora seduta su una vecchia poltrona in attesa di contemplare il cielo di domani.

mercoledì 10 ottobre 2012

io ti ritrovo
ombra solitaria in terra umida
di spalle
come allora
muto come sempre.
solo il vento tra i capelli
mi dice che tu sei vivo
come la terra
che ti ama i piedi
l'erba che accarezza le tue caviglie.
ti ritrovo ora
come allora
di spalle e muto.
non per me.

domenica 7 ottobre 2012

ALLUCINAZIONI

Sono anni che lo conosco, cinque. Mai visto. Parliamo da cinque anni, scriviamo da cinque anni. Tre anni fa per la prima volta ho sentito la sua voce; che sento più spesso adesso, con toni sempre nuovi. Lui mi parla. Io parlo a lui. Lui sa della mia vita. Io della sua. Ha un biglietto del treno per me andata-ritorno in giornata; mi viene a prendere in stazione e mi porta nel suo ufficio: nel suo. Sarò seduta su una sedia durante il suo orario di lavoro; zitta. Gli preparerò il caffé, se lo vorrà, andrò a prendergli da mangiare se ne avrà bisogno. Tutto è diverso. Posso vestirmi come mi pare, ha detto. ancora non so che tempo fa. Ci si arriva in ascensore al suo ufficio, la mia sedia è lì dove doveva essere, comoda, dice lui. Lui non mi parla più: le parole le abbiamo dette tutte, le conosciamo, ne sentiamo l'odore da lontano. E la sedia non è comoda dopo un po', e io non posso muovermi; rami di corteccia cerebrale, la sua, mi avvolgono e segano polsi e caviglie. Sono libera, dice, posso andare in bagno, dice, se ne ho bisogno; vado. Cammino, ma è quasi ora: sento la gente che si prepara, le sedie che si muovono, porte che si aprono e chiudono. Il bagno è pulito. Quando torno lui non c'è, io devo aspettarlo, ha detto, seduta sempre, lì. E' un'allucinazione, una bolla di sapone, una striscia di moebius ed io vado. In stazione, di nuovo.

mercoledì 26 settembre 2012

IO, PERO', VOGLIO L'AMORE

Io, però, voglio l'amore. Voglio il desiderio irrefrenabile di baciarsi tra la folla fottendosene del mondo; le risate da bambini; la mollezza del  dopo sesso; le parole fino a consumare la lingua. La lingua, sempre, quasi come strumento per visitare il mondo, e gli odori, i sapori, i respiri. Il dolore di un cuore che scoppia; una fica gonfia che finalmente esplode. Io voglio l'amore. La vicinanza della pelle, sottile come un'anima, la carezza sulla schiena curva piegata dalle nefandezze del mondo; quel velo sugli occhi dato dalle stanchezze; una mano sempre calda e aperta. Io voglio l'amore. Scarpe da ginnastica per le gite fuori porta; i capelli fatti dal parrucchiere e una torta; cene con gli amici e poi i silenzi carichi di molte parole. La pioggia che bagna tutto e il regalo di un maglione asciutto; una colazione a letto; le giornate perse per uffici cancellate dal mischiarsi dei corpi. I corpi prima di tutto per risolvere ogni problema dell'anima. Io, però, voglio l'amore.