mercoledì 5 novembre 2014

DIVENTARE POVERO

Diventare povero oggi non significa non avere un piatto di pasta da mangiare, ma non poterlo condire se non con la passata di pomodoro del discount a 58 centesimi; non vuol dire non avere abbastanza vestiti da indossare (quelli te li eri già comprata quando i soldi ce li avevi e vanno ancora bene), ma non poter chiamare il tecnico per aggiustare la lavatrice rotta, o anche dover dosare la quantità di detersivo a mano per farlo durare di più. Significa comprendere di essere fortunati per il solo fatto di avere ancora un tetto sulla testa, ma detestarlo quel tetto perché non avendo un lavoro diventa tutto quello che vedi dalla mattina alla sera. E' la tristezza di non poter più chiedere ad un amico se gradisce un caffé, è dover rifiutare gli inviti a cena fuori degli altri, che poi smetteranno di invitarti. E' la rabbia nel non riuscire a spiegare alla tua famiglia che chi ti ha conosciuto prima di questo momento non ha un lavoro da offrirti, e anche se ce lo avesse, probabilmente, non te lo offrirebbe perché non saprebbe come gestire un ex collega. E' vedere il disagio negli occhi di chi ti ha conosciuto nel periodo buono quando ti ritrova a vendere oggetti usati tuoi su una bancarella e riuscire a comprendere perché fingano di non vederti. E' svilimento quando realizzi che per tutti è più facile fare beneficenza ad un estraneo e sentirtsi apposto con la coscienza piuttosto che, avendone la possibilità, trovare il modo di aiutare un amico o un conoscente in difficoltà. Diventare povero oggi non significa, almeno non ancora per me, aver perso tutto, ma aver perso una piccola cosa ogni giorno e non saper più dove andarla a cercare. E' uno smarrimento profondo nei confronti di una vita che sembra non averti tolto molto se non cose di cui, ragionando, tutti possono fare a meno: la carne mangiata quando ne senti necessità, un giro in auto a prescindere dal fatto di avere o meno i soldi per fare benzina, la rivista di moda acquistata in edicola e persino un paio di calze nuove. E' una povertà che diventa dello spirito, che non riesce più ad usare l'immaginazione per continuare ad avere motivo di alzarsi la mattina; è povertà di volontà quando capisci che non serve a nulla mandare l'ennesimo curriculum che nessuno arriverà a leggere anche se lo fai ugualmente. Ritrovarsi senza lavoro a quarant'anni e oltre significa sentire che le fondamenta della tua vita si sgretolano e rendersi conto che ci vuole un piano B, significa chiedersi in continuazione "e adesso che faccio?".

martedì 21 ottobre 2014


Prima ho pensato a te com'eri: ai toni flessuosi della tua voce, a cosa mi raccontavano le tue mani, alle risate dei tuoi occhi. Poi per noia e per divertimento ho pensato a te a come saresti stato e i tuoi gesti mancanti sono diventati presenze. E allora ti ho visto prendere un caffé al bar, fare benzina, parlare coi clienti. Ho immaginato nuove conversazioni, nuovi abiti, nuovi finali. All'improvviso tutto si è mischiato: il vero ha perso valore, il falso l'ha guadagnato. Le risate sono diventate lacrime, gli abbracci schiaffi; la presenza ha scandito nuovamente l'assenza. Intontita e in contemplazione di un film mai proiettato ho capito che qualunque cosa fosse stato allora, oggi io sarei sempre qui e tu là. Pensieri di una nuova anziana signora seduta su una vecchia poltrona in attesa di contemplare il cielo di domani.