lunedì 23 aprile 2012

LA MIA AMICA

E' cominciata così. La mia amica ha detto che un uomo come te non ha niente in comune con una come me. La mia amica ha detto che io sono troppo piccola per te. Io ho detto che le donne sono più mature degli uomini. La mia amica ha detto che non è il tuo caso, che tu sei maturo. La mia amica dice che quando ti avvicini ai cinquanta tutto cambia. Io le ho detto che lo capisco. La mia amica dice che no, non posso capirlo, che posso razionalmente cercare di farlo, niente di più. La mia amica ti stima perché non mi hai mai raccontato storie; non mi hai mai detto "sì, tutto quello che vuoi" e "io ti amerò per sempre". La mia amica dice che è meglio così, che tu sei troppo lontano e che io sogno troppo ad occhi aperti. La mia amica dice che non poteva essere altrimenti, che è stato un bene che non sia successo niente di irreparabile quando abbiamo fatto l'amore. Io ho detto alla mia amica che qualcosa di irreparabile è successo per me; anche se non è stata una gravidanza. La mia amica dice che devo considerare chiusa tutta la storia, che devo usare solo i verbi al passato. Io, la storia, quella vera, avrei voluto almeno iniziarla.

domenica 15 aprile 2012

APPUNTI DI SOPPIATTO


Ma che ne sai tu? Che ne sai dei pensieri della notte, delle paturnie, delle allucinazioni che si aprono come squarci mentre cammino altro che i tagli sulle tele di Fontana. Sì, che ne sai? Che ne puoi sapere di come d’un tratto mentre vago mi ritrovo d’improvviso in uno scantinato in cui la luce entra solo da una finestra piccolissima in attesa di te con addosso solo una canottiera, segregata, imprigionata, aspettando che tu mi scopi ancora, nutrita ad acqua e sperma. O di quando penso di essere in auto con mia madre e invece sono a mangiare patatine e tu il gelato sul divano guardando insieme tutti gli Harry Potter. I polsi legati ai braccioli di una sedia mentre tu ti fotti tutte quelle che sei riuscito a caricarti fuorché me; o quando sono al bar e tu sei dentro sempre e sempre e ancora sempre. Da quando ti conosco non esiste una sola cosa a cui non abbia pensato: dinne una (forza, dilla!), io l’ho immaginata esplorando ogni stanza della casa, ogni luogo nel mondo. Tutto persino quello che mai mi sarebbe venuto in mente. Mai. Ed ancora siamo in un parco divertimenti e dopo ho sete e sei tu che mi pisci in bocca. Incinta dei tuoi figli, in gita in barca, a lavorare accanto a te. Ma anche (come fa la mente umana a concepire questi desideri, come fare a non averne vergogna) peggio, come vederti leccare il sangue che sgorga dai 18 tagli fatti sul mio corpo e fino ad avere le mani piene delle tue feci manco fossero creta. Cosa ne sai di un cervello pazzo che impazzisce per qualcosa che non so quando è nato o da dove. Cosa ne sai della paura di non riuscire più a distogliere lo sguardo dal tuo che ancora e ancora mi guarda. Della gelosia della rabbia della voglia che ho di vederti sodomizzare un’altra, ma ti ammazzo se la guardi. IO TI AMMAZZO. Cosa ne sai, ma davvero cosa.

martedì 3 aprile 2012


Amarti è stressante come fare la fila dietro altre quindici persone sapendo che la banca chiuderà prima che arrivi il tuo turno; inutile come cercare di raggiungere il pallone che la corrente porta al largo. Amarti è impegnativo come studiare una materia che odi e che sai non ti sarà di nessuna utilità nella vita. Amarti è disgustoso un po' come inzuppare le patatine nel gelato; faticoso come fare un trasloco di mobili su e giù per le scale da un palazzo di sei piani. Amarti è distruttivo come stare seduti incatenati su di una barca mentre affonda. Amarti non è oramai amarTi perché tu sei un estraneo.