giovedì 14 luglio 2011

LEGITTIMI IMPEDIMENTI


No, non puoi fare l'offeso (e magari non lo stai neppure facendo, e magari hai avuto impedimenti tali che non mi hai potuto nemmeno dire "ciao, scappo"); nel caso ti fossi risentito sappi che non ne hai la facoltà. E visto che è pesante sentire le mie parole (io lo so, maledizione se lo so, di essere pesante e pignola e puntigliosa), che ti scarnifico le carni quando le pronuncio o le scrivo, le butto qui, in mezzo a tutte le altre, e poi cerco anche di nasconderle un po'. Mi sarei messa in auto verso le quattro del mattino, avrei fatto benzina durante la strada e magari anche colazione verso le sette e mezzo otto, e poi dritta fino all'albergo, in cui contavo di arrivare verso le nove massimo del mattino: e lì ti avrei aspettato. Avrei aspettato fino alle 7 di sera, avevo calcolato, che tu avessi un momento libero per me e che potessi scappare da me in albergo. Io avrei aspettato. Ma all'interno di un'intera giornata di un giorno qualsiasi scelto da te tra tre che io ti mettevo a disposizione tu non hai potuto trovare neppure un attimo in cui potenzialmente avremmo potuto incontrarci. Erano 9 ore per 3 giorni per un totale di 27 ore a tua disposizione e non ce l'abbiamo fatta: no, è diverso, io non ce l'ho fatta. Non ce l'ho fatta a farti inventare una trasferta qualsiasi, un cliente con problemi che richiedeva la tua presenza, persino una stronza ruota forata. Io non ce l'ho fatta. Davvero, come puoi pensare che, dopo aver perso tutta la mia dignità di donna-femmina che si metteva a tua disposizione solo per essere scopatatoccatabaciata, come puoi pensare amore mio che io mi rimetta a tua completa disposizione? ...io non posso. La lama che io avrei voluto tu mi passassi sul corpo (ricordi?), quella vera, quella che avresti dovuto portare tu, mi ha trapassato da parte a parte come fossi stata di burro. E mi sono sentita l'ultima delle ultime. Tu mi hai detto che da zero a cento ti andava bene qualsiasi cosa tra di noi; e io so di essere importante, ma non fondamentale. O forse sì, forse non capisco nulla. Io ho questo cuore che ha lasciato il petto e non è più mio, questo cuore che mi ritrovo tra le mani e non so che farne. L'unica cosa che non voglio farne è una tragedia: a sentire te va bene quasi qualsiasi cosa (che invidia che ho per come riesci a gestire questa cosa), e adesso anche io sono riuscita a darle una dimensione giusta (ma che cazzo sto dicendo, mi sembro un film coi sottotitoli). Ho la testa piena di te, ma tutto poi, sono solo te, una forma diversa di te e me insieme fusi, confusi (che a restare incinta di te almeno potrei parlarti ed averti dentro per nove mesi interi e ininterrotti...quante volte ci ho pensato...), confusa, distorta, piegata, sbiadita. Queste parole te le ho dette, ridette, qualcuna sì altre no, ripetute nella mia testa all'infinito, scritte sulla carne, descritte a circoletti nella fica ogni volta che mi sveglio la notte e mi accorgo che sognandoti mi stavo facendo l'amore: le ridico, perché mi serve per non implodere. Le ridico, le ho ridette.

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