martedì 29 marzo 2011

QUANDO


E' trascorsa un'ora da quando mi hai lasciato. Tu mi hai guastato il sonno; non è più vero che posso svegliarmi e riaddormentarmi quando voglio, adesso non sono più padrona nemmeno di questo. Allungo una mano per controllare che tu non sia accanto a me, e non ci sei: aspetto, ti aspetto, ogni notte.
E' quando sono di nuovo prossima al sogno che ti sento, tu che scosti le lenzuola per stenderti, tu che cerchi di capire se dormo oppure no e io che fingo indifferenza. Mi accorgo quando tu sei nei paraggi; se fossi cieca ti avvertirei comunque e non per i tuoi suoni e non per i tuoi odori, ma per come il mio corpo si tende involontariamente verso di te, per come la mia anima anela disperata verso la tua. Quando finalmente mi prendi, quando mi riempi ( perché tu sai che sono vigile nonostante resti immobile e con gli occhi chiusi) lo strazio della lontananza, della distanza della carne cessa di essere ed io torno quieta e morbida, felice. Sento come un sussurro lontano, le tue parole di fiato vicino all'orecchio (cerchi di darmi il colpo di grazia, uomo maledetto): "tu vuoi farmi morire". Ma resisto al silenzio e ciò che ti direi lo penso soltanto: vorrei che tu venissi a morire solo nel mio ventre e pronta ti accoglierei tra mille cuscini per renderlo piacevole.

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