giovedì 31 maggio 2012

Quante probabilità ci sono di incontrare l'uomo giusto e di vivere felici e contenti? Pochissime, credo, pur non intendendomi di statistica. Più probabile essere investiti da un aereo, pestare chissà quante volte le feci anche di animali non comuni, trovare un capello nel piatto, unghia spezzate facendo l'amore una quantità spropositata. Insomma persino il proverbiale terno al lotto sarebbe un desiderio più facilmente esaudibile. E allora cosa? Si rinuncia? Si smette di cercare? Si pesca nel mucchio il meno pegggio di tutti? No. Non si può. Ho sempre pensato che per ogni essere umano accoppiato male ce ne sia un altro a cui è irrimediabilmente negata la possibilità di trovare il suo perfetto. Quindi basta andare a casaccio, accontentarsi di stare sereni, progettare una degna vecchiaia. Basta.

lunedì 28 maggio 2012

Non ci credeva nessuno in questo amore. Tranne me. E te, che te ne prendevi cura in un modo tutto tuo, ma che mi era bastevole.  
Non ci credeva l'amica, che mi voleva bene; non il fratello che desiderava un uomo con cui mettessi su famiglia; né l'ex fidanzato poi amante che mi vedeva continuare a sbattere contro gli specchi. Io ero lì a difendere le mura armata fino ai denti; ero lì a fare provviste per l'inverno, a riempire il nido, a fare progetti, ad aspettare. Sempre lì, sorda al vociare, alle risa di scherno, alle inutili urla. 
Ma il tempo passa e nessuno crede più alle favole. Né tu. Non io.

mercoledì 23 maggio 2012

VAI VIA

Niente è reale quando siamo qui, io da questa parte dello schermo e tu dall'altra. Mai conoscerò l'espressione del tuo viso mentre pronunci la parola casa, o latte o auto. Tutto è nascosto ai miei occhi, e oramai anche alle mie orecchie. Posso solo immaginare una pausa, come un respiro più profondo per ogni tuo accapo, o un tono più alto per ogni parola scritta con la maiuscola; il tuo avere fretta quando invece di rispondere vedo comparire una faccina. La realtà non esiste mai qui, e non è mai esistita se non nel mio pensarti o nel tuo svelarmi la forma che tu volevi io vedessi. Quando cambierai ancora, in meglio o in peggio, io non lo saprò; continueranno ad apparirmi di te solo lettere, punti e virgole, ordinati in modo diverso. E sarà forse solo lo schermo eternamente bianco, intonso di ogni segno che per me è stata emozione a urlarmi quello che adesso tu solo mi sussurri: "vai via".

domenica 13 maggio 2012

FIABA DEI PEZZI PICCOLI

- "Raccontami ancora la storia della tua collana..."
- "Un giorno un uomo, tossendo, sputò dalla bocca un pezzo del suo cuore: era grande quasi quanto un boccone, meno di un sasso, ed era scuro come la terra, morbido come un pezzo di pane. Lo poggiò in una ciotola e mise la ciotola accanto al letto. Ogni volta che era felice il cuore diventava più chiaro, quasi luminoso, e lui stesso si sentiva diverso, più forte. Incontrai quell'uomo e ci amammo per un giorno intero, e alla fine di quel giorno lui decise di regalarmi un pezzo di quel suo cuore e, legandolo, ne fece una collana."
- "...ma zia, è un pezzo piccolissimo, però..."
- "Quell'uomo aveva paura: credeva che se me ne avesse donato un pezzo più grande, o anche tutto, lui sarebbe rimasto senza. Temeva che dopo non sarebbe più stato libero, che sarebbe stato vulnerabile, che il resto del suo cuore sarebbe morto e che avrebbe perso tutto quello che aveva."
- "...ma lui non sapeva..."
- "No, è vero, lui non sapeva quello che sappiamo io e te: che quando si dona il cuore, non si può restarne senza; lui ignorava che la ricchezza sta nel dono, e che solo l'amore resiste alla morte."

lunedì 7 maggio 2012

Avrei voluto che fossi tu l'ultimo uomo che io avrei amato: quello della vecchiaia, della demenza, delle risate, della pensione, del divertimento, del rimboccarsi ancora le maniche. Ma no. Niente amore niente casa niente bambini niente niente niente. Ci vogliono occhi buoni per guardare al futuro, per sapere che anche senza volerlo ci sarà un altro amore o qualcuno che si spaccerà per tale; ci vuole un cuore forte per accettare di non essere ricambiati; buone orecchie per sentire che non c'è più nulla da sentire; mani poco salde per allentare la presa; un modulatore di volontà che aiuti a venirne fuori come solo il migliore dei whisky può fare. E io credevo che LUI fossi TU: per le tue mani così simili alle mie; per la nostra cicatrice; per i dolori, i muscoli, le parti che si rompono all' unisono; gli occhi ancora uguali. Ci avrei giurato, scommesso l'ultimo euro che mi resterà forse dopo aver buttato all'aria la mia azienda. Dovevi essere tu maledizione. Avrei voluto proprio che l'ultimo fossi tu.