lunedì 20 giugno 2011
sorda, cieca e quasi defunta
Smetterla di chiamarti "amore" sarà la cosa più difficile, ma pensare che tu non lo sia più è un'impresa impossibile. Ho chiuso la telefonata e stavo bene, davvero, mi ci sentivo, meglio, più leggera, più libera :"devi liberarti di me, perché per te sono un fardello" e ancora "ci dovevi pensare prima di decidere di incontrarmi" e ancora "sì, te l'ho detto prima che la amo". E non ci volevo tornare a casa in queste condizioni, non volevo andare a correre con la mia amica perché non voglio diventare più bella: mi sono seduta nel mio solito rifugio, di spalle a tutti quelli coi quali scherzo di solito e ho aspettato che Giuseppe si liberasse per potergli chiedere un bicchiere di vino."Quale vuoi?" mi ha chiesto e io di rimando "quali hai aperti?". "Ci sono tutti..anche il romanico, quello ti piace no? ti porto anche due crostini?" Giuseppe mi conosce. E mi sopporta. E c'è sempre. Mi ha portato il vino e mentre lo facevo roteare nel bicchiere per vedere la densità del vino (avevo visto fare così ad un cena, la lacrima la chiamavano) erano le mie che iniziavano a scivolare. E non riuscivo a fermarmi. Ancora non ci riesco, se è per questo. Stupida. E sentimentale. Me lo dicono quasi come un'offesa. Romantica. Mi soffio il naso e ricomincio, mi ci attacco a questo foglio come da ragazza a quello vero, di carta dei quaderni che diventavano i miei diari. Chilometri di parole ed ancora non imparo che l'amore non è per me. Che non è cosa che possa nascere così, che si debba invece pianificare come una grande opera e mettere su con lastre di cemento e forti fondamenta ancora prima. Che non basta incontrare una persona e capire che ci vuoi stare assieme. "Dimmi perché vuoi sentirmi dire che la amo? Per stare anche peggio? Ma la vera ragione, però." Perché mi sento finta e irreale da una vita, ogni volta che mi sono innamorata mi ci sono sentita, così. Irreale, pura opera di fantasia: chiusa nel bagno aspettando che lui facesse le telefonate a casa; con una finta fede al dito per evitare di dare spiegazioni ogni volta che volevo declinare l'invito di un uomo. Sono sempre stata due donne diverse: una di fronte al mondo; e una con l'uomo che amavo di nascosto. "Non posso ribattere, è tutto perfettamente logico quello che dici." Non me li sono fatti mai tanti chilometri per vedere un uomo, io. E non mi sarebbe venuto in mente mai di farmeli per la seconda se quell'uomo non fossi stato tu. Se non fosse che finora, forse completamente solo fino a qualche settimana fa, mi hai sempre fatto compagnia da quando mi svegliavo nel letto ( e ancora mi ricordo quelle frasi che mi hai detto: " penso di tornare a casa, spostare le lenzuola del letto e che tu sia lì" oppure "stanotte non avrò nessuna difficoltà davvero ad addormentarmi con te accanto") a quando non ci ritornavo la sera. Ti ho tenuto il posto libero accanto a me durante il pranzo; mi sono fatta accompagnare; ho discusso con te dei dipendenti; ti ho accopagnato a fare acquisti. Tu sei dentro di me. Sempre. Perché non ti ho cercato, ma ti ho riconosciuto. E stasera sono morta. Ed è morta anche la mia fica, la pelle, le mani, i capelli che continuavano ad esistere solo per incontrare di nuovo te. Ad un tratto è tutto perso. "Sto cercando di risolvere...è difficile, ma non mi do per vinto ancora.." Mi sarei fatta di nuovo 1000 km per poterti parlare in faccia invece che al telefono e sono diventata un problema da risolvere. Doveva essere tutto bello e leggero ed è diventato pesante come il lavoro, problema da risolvere. "Sì, sì lo so, non sto controbbatendo stavo solo parlando, ripensando.." Le parole mi sono mancate poco alla volta, alla fine eravamo fatti di quello, una alla volta me le hai tolte (questo è stato doloroso più del non poterti vedere o del fatto che tu non ci tenessi a vedere me), e anche stasera sei stato silenzioso. No, non è vero. Non lo sei stato. Semplicemente non potevi dirmi le parole che io volevo ascoltare, perché tutte le parole che io avrei voluto ascoltare le hai già dette, ma non a me; e tutta la vita che io vorrei vivere con te non ti manca perchè la vivi già. Sì me lo hai detto che la ami, e forse me lo hai detto ogni volta che mi parlavi di lei, e glielo dici con ogni buongiorno e con ogni buonanotte. Sorda e cieca e adesso quasi defunta.
SFOGHI (NON CUTANEI) LA TERZA
Lo so, lo so dovremmo essere tutti più buoni, dovrei esserlo io prima di tutti che poi Gesù si arrabbia e se si arrabbia...non lo so che può succedere ma qualcosa succede sempre in ogni caso. Ma stasera a te chi ti ha mandata? Avevo avuto una giornata tremendissima di solitudine e con un incasso che non mi basta nemmeno a pagare la luce e arrivi tu, splendida così come sei (come credi di essere) a tormentarmi le uniche due ore che ho deciso di trascorrere finalmente seduta a godermi il passeggio della ignara gente. Quindi eccoti, col tuo vestitino bianco bianco con una spacco che sembra che tu stia per recarti direttamente ad una visita ginecologica, con un reggiseno tutto pizzi e cotonino che serve unicamente a far presente a chi ti guarda che il reggiseno ce l'hai perché ti serve (sì ti serve come sostegno psicologico), con i capelli fatti, le unghie finte lunghe, truccata ed ingioiellata e con un paio di sandali che...vabbeh sui sandali non mi esprimo. Hai accanto un uomo che molto probabilmente ha delle mire espansionistiche nei riguardi del tuo territorio e lo posso anche comprendere perché sei una bella donna, e su questo non ho niente da dire. Ma poi hai iniziato a parlare (e non ti sei fermata per tutta la serata) e per me che non ho nessuna intenzione di scoparti questo rappresenta un colpo basso, no bassissimo. Mi hai tenuta inchiodata due ore parlando di adozioni, fecondazioni assistite (è domenica porca miseria) e mi hai illuminato sulla tua esperienza pluriennale sui rapporti tra uomo e donna. Non sono riuscita a dirtelo, perché ancora non siamo in confidenza (e cercherò in ogni modo a mia disposizione che le cose rimangano tali - ti sarai accorta che sono stata molto attenta a non chiamarti mai per nome, no?) e non volevo essere brutale, ma essere convinte che ci siano uomini che per loro natura siano portati al tradimento e che sia assolutamente un caso se le tue storie più lunghe siano state costellate da svariate relazioni extra, nonostante il grande amore tra di voi, fa di te la vincitrice dell'insigne premio di "alice nel paese delle meraviglie". Ora che ci penso, tutte le cose di cui sei convinta e che sostieni così a spada tratta prendono forma da una marea di insulsi luoghi comuni. Comunque sono spiacente davvero e di tutto; soprattutto di non aver avuto un impegno precedente che mi sottraesse a questa meravigliosa serata accanto a te; cosa che deve aver sicuramente pensato l'uomo col quale ti sei accompagnata e che a fine serata sembrava uno di quei pesci agonizzanti a cui manca l'acqua. Ad ogni modo, anche questa è andata, abbiamo mangiato bene, e bevuto meglio (tu soprattutto devo dire che mi hai impressionato per la capacità che hai di reggere l'alcool), e spero tanto che quella tua frase " a presto" fosse e rimanga soltanto uno dei tuoi tanti modi di dire.
mercoledì 15 giugno 2011
LA LETTERA
Caro Amore mio,
affido le mie parole a questo "vento" invece di chiuderle su di un pezzo di carta, sperando che siano più libere di fare il loro percorso ed evito di rivolgermi a te, per non consumare il poco tempo che abbiamo con le mie pesantezze.
Una mia amica mi ha detto, qualche giorno fa, che è inutile che io continui a porti o anche a pensare di porti delle domande a cui tu non puoi rispondere: e tutto d'un tratto sono rimasta senza parole, senza più domande, senza quasi confidenze da farti. Non so che dire. Ho cercato di fare finta che lei non ci fosse, sbagliando: ora ho capito, e l'ho capito davvero, che lei è parte di te, che è sotto la tua pelle più di come e quanto avrei immaginato, e che per avere te devo avere entrambi. Va bene. Sono pronta. Sono pronta ad ascoltare i vostri anneddoti, a riguardare con te scene di vita vissuta e felice, ad ascoltare le vostre risate. Mi sono vista improvvisamente come strada che procede parallela a lei e tu l'enorme distesa di terra che ci accoglie entrambe: non si smantella così una strada, no, non si fa. Perciò eccomi, povera e lacera, ma consapevole; serena non ancora , ma forse tra un po', quando riuscirò a trovare il bello in questo poco ed enorme niente o tutto che ci siamo scambiati e che ci scambiamo ancora, quando scoprirò il perché e lo scopo, i colori e le stagioni (ché adesso è solo tutto buio).
Ti amo.
A.
martedì 7 giugno 2011
AD OCCHI CHIUSI
Quando ho capito che non avrei potuto averti ho scelto un altro col tuo stesso nome: ero sicura che ti avrei invocato, che chiudendo gli occhi solo tu mi saresti venuto in mente, che a gran voce di avrei chiesto di entrarmi dentro, di scoparmi, fottermi, fare l'amore, abbracciarmi, baciarmi, sfondarmi. Che tutto ti avrei chiesto, insomma, persino di più. Ad occhi chiusi ho capito che l'odore che sentivo non era il tuo: il profumo, anzi, che quasi il tuo odore ancora non so quale sia, ma ho provato a fingere. Ho poi finto che tue fossero le labbra, nonostante sapessi che non eri tu a baciarmi, e che la tua lingua non riempiva la mia bocca come avrebbe dovuto. Ho tenuto gli occhi chiusi stretti stretti come i bambini che hanno paura che il sapone glieli bruci quando le tue mani, che non erano tue mi hanno abbracciato, stretto, senza abbracciarmi la mente e stringermi il cuore come solo le tue sanno fare. Ho fatto tutto quello che potevo fare (non sono una che si arrende facilmente) prima di dire basta, e scivolare arresa sotto il letto. Chiudere gli occhi non è servito, e alle invocazioni non ci sono mai arrivata; ora li apro poco alla volta come fa chi si debba riabituare alla luce del sole per vedere, senza finzioni, che tu non sei qui.
domenica 5 giugno 2011
VANEGGIAMENTI
Credevo che mi avresti chiamato, stanotte, e non in un momento qualsiasi, no; ero sicura che il telefono avrebbe squillato alle 2, e ti avrei sicuramente aspettato fino alle 2:15. Non è successo, ma ti chiederò certamente spiegazione del perché tu abbia mancato al nostro appuntamento così a cuor leggero. Avrai una scusa plausibile, so anche questo, una scusa che non ammetterà repliche da parte mia, come sempre accade, ma che sarà pur sempre una scusa. E mi dirai che anche se non hai chiamato tu eri con me, incastrato tra le pieghe del lenzuolo, o come il fazzoletto sotto il cuscino, o ancora perso nel letto come quel calzino che ci si sfila quasi dormendo. Oppure non me lo dirai affatto perché non ce ne sarà bisogno, perché non te lo chiederò, perché perché perché. Perché la testa non si ferma, e il cuore corre, ansima, annaspa da quando ti amo, da quanto ti amo. Da quando? Le parole non bastano più; le combinazioni possibili risultano già insufficienti a descrivere, misurare, pesare, definire. Da quando amo.
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