sabato 24 settembre 2011

Cosa resta di tutte le parole dette ancora non lo so. Di questo tanto tempo trascorso insieme su questo mezzo che non è reale. Dei tuoi racconti, dei miei, della tua voce, della risata, dei toni che ho imparato a riconoscere. Restano ombre, sussurri, speranze. Resta un "uno + uno" che non diventa "due". Un altrove piuttosto che un qui. Fiato senza carne. Niente. Un mucchio di parole di cui ancora non capisco senso e ragione. Non so perché quel giorno hai puntato su di me. Non so cosa ti mancava (non me lo hai detto mai e mai me lo dirai lo so). Non so perché sei più felice da quando io ci sono nella tua vita. Non lo so dal momento che non mi hai scelto. Non so il perché del regalo, di quell'abbraccio così stretto, degli occhi sempre puntati nei miei. Non lo so. So però dove sei adesso. E con chi. E questa mi sembra l'unica vera risposta ad ogni mia domanda.

sabato 17 settembre 2011

STOP

Sei andato via ora, un paio di minuti forse, e sono ancora stesa sul letto nella stessa posizione in cui tu mi hai visto un attimo prima di prendere la porta per l'ultima volta. So che ho bisogno di guardarmi allo specchio, ma ritardo l'operazione sapendo già, forse, cosa troverò. E infatti. Mi guardo e quella donna non sono io: stessa faccia, stessa pelle, capelli dello stesso colore, ma gli occhi non mi appartengono. All'inizio di quella mattina ero ancora me; sono salita sulla tua auto sicura, di quello che ero, sicura di quello che volevo fare. Poi è stato tutto veloce e lento come la morte di una stella: la tua mano sulla coscia, solo il pantalone sottile a fare da scudo e STOP. Salta la prima molletta nella mia testa. Mi aggrappo alla maniglia dello sportello: non serve. Stringo. Neppure. Guardo la strada. Non vedo. Nulla. Sento. Sento. Sento te che scherzi...ma che dici? STOP. Apro la stanza con la tessera magnetica. Chiudo la porta. Poso i bagagli. Bussi alla porta. Abbasso la maniglia. Conto i secondi e non arrivo a quattro. STOP. Spalle all'armadio, la canottiera sollevata, le tue dita che mi slacciano il reggiseno. Quante volte lo hai fatto per essere così veloce, così bravo. Quante volte. STOP. Poi la lingua in bocca. Tutta; come un bavaglio che riempie. Altra molletta che salta. Doccia. Poi letto. Tu dentro subito. La tua pelle che è mia, addosso. E la lingua sempre, che spinge, e fruga e preme più del cazzo. Cazzo. Solo cazzo come trivella nel cervello. Non sento la carne, non quanto senta te. Sei tu che scivoli, quello che sei, alternando le vie di accesso. Ora la tua mano è dentro sotto la pelle dentro la mia al posto delle ossa. STOP. Mi tocchi con la mia. Tua. Nostra. La tua spalla si incastra sotto la mia. Ancora dentro. Ora l'altra. Bacino. Gamba destra poi sinistra. Testa. STOP. Io guscio tu molle materia che si espande.
Sei andato via ora, un paio di minuti forse. Mi guardo allo specchio: stessa faccia, stessa pelle, capelli dello stesso colore, ma gli occhi...quella non sono io. Siamo Noi. STOP.

martedì 13 settembre 2011

QUINDICIORETRENTAMINUTI


Io e te in una bolla di sapone scoppiata mai esistita, fantasia di me bambina grande, generata da numeri primi consecutivi. Divento ladra di lenzuola e asciugamani per una notte, segugio impazzito cerco odori mischiati sopravissuti alla realtà e al sogno che sempre si confondono quando si tratta di noi. Non più noi. O forse un per sempre mai. IO + TU. Una luce piccola continua a brillare su di me ricordo del neonato morto in culla mai cresciuto. Stanotte ho lavato via l'uomo, ma continuo ad amare l'idea di te amante fratello amico amato padre confidente e figlio. Vibro e sul foglio le vibrazioni sono lettera e poi parola. Sempre Ti Amo oh mio irreale amore.

giovedì 1 settembre 2011

BAMBINA


Sono sempre stata una bambina timida e introversa fino all'età di 19 anni circa: mia nonna mi raccontava sempre che mi svegliavo nel letto da piccola, anzi no, non mi svegliavo, mi mettevo a sedere al centro del letto con gli occhi chiusi e iniziavo a parlare e a gesticolare. Lei ha sempre pensato che durante la notte io riscrivessi le mie giornate come avrei voluto viverle, riscattandomi del modo indegno in cui le subivo. Quindi accadeva, che finalmente urlassi alla bambina che mi aveva sotratto la paletta sulla spiaggia, o che gliene cantassi quattro a chi mi aveva spintonato e l'aveva passata liscia. Ho 37 anni, non sono più così timida e non sono più una bambina, ma questa cosa non è cambiata: adesso, ogni notte, appena mi addormento, riprendo a vivere la mia vita con te.